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LA SALUTE VIEN ZAPPANDO
Stile e Dintorni Web Magazine
Probabilmente non avete mai sentito parlare dell’Ortoterapia, eppure sicuramente avrete già sperimentato i suoi benefici effetti, come dopo una camminata in un parco o in un giardino: non vi siete sentiti più rilassati?
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16/06/2009: Casa Dago, per tornare a vivere dopo il coma
Roma Salute News, Francesca Tomassini

La prima struttura in Italia che si occupa di reintegrazione familiare, sociale, scolastica e lavorativa

Vista da fuori è una deliziosa villetta, vista da dentro è una casa spaziosa curata nei minimi particolari, accogliente, calda e rassicurante. Fuori sul cancello d’ingresso c’è affisso un cartello con scritto il nome “Casa Dago”, ossia la prima struttura in Italia che si occupa di reintegrazione familiare, sociale, scolastica e lavorativa del paziente post-comatoso. Nata nel 1999, come progetto sperimentale condotto dall’ ARCO 92 Onlus, “Casa Dago” deve la sua esistenza al Presidente della Onlus Maria Elena Villa e il suo nome al diminutivo del figlio della Signora Villa, scomparso a soli 21 anni dopo tre mesi di coma circa 20 anni fa. La struttura è destinata a pazienti con deficit neuromotori e neuropsicologici dovuti al coma. La loro giornata a “Casa Dago” è divisa: la mattina seguono programmi riabilitativi in regime di day hospital ambulatoriale presso istituti specializzati; il pomeriggio, all’interno delle “mura domestiche”, vengono svolti corsi di attività riabilitative innovative come corsi d’informatica, il decupage, l’arteterapia e la pet therapy. All’esterno, alle spalle della villetta c’è anche un’area riservata all’attività di orto – flori – frutticoltura. Ogni paziente, all’interno della struttura, ha una propria stanza e un proprio bagno che divide con un familiare, per un totale di 16 posti letto. Maria Elena Villa spiega come tutto sia finalizzato “al reinserimento nella famiglia, nella scuola e nel lavoro dei nostri pazienti. Il progetto è quello di insegnare alla famiglia a gestire il soggetto post – comatoso nel momento in cui passa alla fase di day – hospital. Infatti la fase di riabilitazione non finisce in ospedale: tutti gli esiti che rimangono al paziente devono poi essere gestiti”. Un dato estremamente rilevante per capire l’entità del problema e le difficoltà che ne conseguono, è quello che riguarda la fascia d’età dei pazienti post – comatosi: la maggior parte va dai 14 ai 35 anni. Giovani e giovanissimi che nella maggior parte delle volte a causa di un incidente, si trovano a essere soli al mondo dopo il loro risveglio dal coma, troppo deboli per affrontare la lunga riabilitazione e le difficoltà oggettive. Lo staff di “Casa Dago” composto da psicologo, educatore, terapista cognitivo, assistente sociale e volontari specializzati garantisce il sostegno di cui i pazienti necessitano ma soprattutto la volontà di sperimentare insieme i metodi per recuperare la maggior autonomia possibile nella vita quotidiana. Ci sono infatti una serie di disturbi a livello neuro - psicologico che sono spesso ignorati come il disturbo dell’attenzione, dell’iniziativa, della memoria e della concentrazione che spesso portano i familiari a sostituirsi ai deficit del paziente. “Tutto questo va evitato –continua la Signora Villa – per far in modo che i ragazzi possano muoversi nel massimo dell’autonomia possibile”. Ma nel corso degli anni non è stato facile tenere in pedi il progetto “Fino ad oggi abbiamo chiuso e riaperto la struttura tre volte” racconta il Presidente Villa, ma nella storia di “Casa Dago” si inserisce l’assessorato alle politiche sociali della Regione Lazio e nell’ultimo trimestre 2008, anche l’azienda Asl Roma C. “Alla fine dello scorso anno abbiamo stretto i contatti con l’associazione Arco 92 - spiega a dottoressa Velia Bruno, dirigente della Asl Roma C, che si è occupata e si occupa tutt’ora del progetto in questione - per subentrare nel momento in cui grazie ad una legge regionale del dicembre 2008, è stata stanziata una somma di 400 mila euro a favore della nostra Asl a favore di questo progetto. Il 70% di questa somma è disponibile e ne abbiamo già attinto per riavviare la progettualità”. All’interno della struttura vengono accolti anche pazienti esterni e nuclei familiari non più inseriti in progetti di riabilitazione. “Casa Dago”, grazie alla forza del suo Presidente, alla collaborazione della Asl Roma C, alle iniziative dei collaboratori e dei volontari, è riuscita in questi anni a diventare il punto di riferimento, la luce in fondo al tunnel nel momento più buio della vita di tanti ragazzi e ragazze.

10/01/2009: "Casa Dago" per soggetti post-comatosi
Regione Lazio Sala Stampa

La Giunta regionale del Lazio presieduta da Piero Marrazzo ha approvato il progetto ‘Casa Dago’, la struttura per il reinserimento sociale e la reintegrazione familiare supervisionata del soggetto post-comatoso con l’obiettivo di migliorare la vita di chi è uscito dal coma.

Il progetto è stato presentato dall’Azienda USL Roma C. Il progetto ‘Casa Dago’ punta alla riqualificazione e al reinserimento scolastico-lavorativo dei soggetti post-comatosi, con il supporto dei corsi di informatica, disegno e pittura, decoupage e ortofrutticoltura. Presupposto fondamentale è l’ospitalità nella struttura, per i residenti nella provincia e non, essenziale per la prosecuzione del progetto riabilitativo extra-ospedaliero

Casa Dago, è stata creata da l’A.R.CO.92 una struttura nella quale vengono ospitate persone con handicap motori e psicologici, i quali assieme ai propri familiari affrontano la delicata fase del ritorno presso il proprio ambiente familiare e sociale. Ogni attività è svolta con la supervisione di psicologi, che aiutano i familiari a gestire ed aiutare il disabile nel recupero della maggior autonomia possibile, nell’ottica del reinserimento familiare, sociale, scolastico e/o lavorativo.

l’A.R.CO.92 è presieduta fin dalla sua costituzione da Maria Elena Villa, coadiuvata da specialisti del settore (rianimatori, neurologi, fisiatri, fisioterapisti, logopedisti, psicologi ed infermieri.) impegnati prevalentemente nei reparti di Rianimazione del Policlinico "A. Gemelli" e dell’I.R.C.C.S. "Santa Lucia" di Roma, con l’indispensabile aiuto di un gruppo di volontari.

16/06/2009: Casa Dago, per tornare a vivere dopo il coma
Roma Salute News, Francesca Tomassini

La prima struttura in Italia che si occupa di reintegrazione familiare, sociale, scolastica e lavorativa

Vista da fuori è una deliziosa villetta, vista da dentro è una casa spaziosa curata nei minimi particolari, accogliente, calda e rassicurante. Fuori sul cancello d’ingresso c’è affisso un cartello con scritto il nome “Casa Dago”, ossia la prima struttura in Italia che si occupa di reintegrazione familiare, sociale, scolastica e lavorativa del paziente post-comatoso. Nata nel 1999, come progetto sperimentale condotto dall’ ARCO 92 Onlus, “Casa Dago” deve la sua esistenza al Presidente della Onlus Maria Elena Villa e il suo nome al diminutivo del figlio della Signora Villa, scomparso a soli 21 anni dopo tre mesi di coma circa 20 anni fa. La struttura è destinata a pazienti con deficit neuromotori e neuropsicologici dovuti al coma. La loro giornata a “Casa Dago” è divisa: la mattina seguono programmi riabilitativi in regime di day hospital ambulatoriale presso istituti specializzati; il pomeriggio, all’interno delle “mura domestiche”, vengono svolti corsi di attività riabilitative innovative come corsi d’informatica, il decupage, l’arteterapia e la pet therapy. All’esterno, alle spalle della villetta c’è anche un’area riservata all’attività di orto – flori – frutticoltura. Ogni paziente, all’interno della struttura, ha una propria stanza e un proprio bagno che divide con un familiare, per un totale di 16 posti letto. Maria Elena Villa spiega come tutto sia finalizzato “al reinserimento nella famiglia, nella scuola e nel lavoro dei nostri pazienti. Il progetto è quello di insegnare alla famiglia a gestire il soggetto post – comatoso nel momento in cui passa alla fase di day – hospital. Infatti la fase di riabilitazione non finisce in ospedale: tutti gli esiti che rimangono al paziente devono poi essere gestiti”. Un dato estremamente rilevante per capire l’entità del problema e le difficoltà che ne conseguono, è quello che riguarda la fascia d’età dei pazienti post – comatosi: la maggior parte va dai 14 ai 35 anni. Giovani e giovanissimi che nella maggior parte delle volte a causa di un incidente, si trovano a essere soli al mondo dopo il loro risveglio dal coma, troppo deboli per affrontare la lunga riabilitazione e le difficoltà oggettive. Lo staff di “Casa Dago” composto da psicologo, educatore, terapista cognitivo, assistente sociale e volontari specializzati garantisce il sostegno di cui i pazienti necessitano ma soprattutto la volontà di sperimentare insieme i metodi per recuperare la maggior autonomia possibile nella vita quotidiana. Ci sono infatti una serie di disturbi a livello neuro - psicologico che sono spesso ignorati come il disturbo dell’attenzione, dell’iniziativa, della memoria e della concentrazione che spesso portano i familiari a sostituirsi ai deficit del paziente. “Tutto questo va evitato –continua la Signora Villa – per far in modo che i ragazzi possano muoversi nel massimo dell’autonomia possibile”. Ma nel corso degli anni non è stato facile tenere in pedi il progetto “Fino ad oggi abbiamo chiuso e riaperto la struttura tre volte” racconta il Presidente Villa, ma nella storia di “Casa Dago” si inserisce l’assessorato alle politiche sociali della Regione Lazio e nell’ultimo trimestre 2008, anche l’azienda Asl Roma C. “Alla fine dello scorso anno abbiamo stretto i contatti con l’associazione Arco 92 - spiega a dottoressa Velia Bruno, dirigente della Asl Roma C, che si è occupata e si occupa tutt’ora del progetto in questione - per subentrare nel momento in cui grazie ad una legge regionale del dicembre 2008, è stata stanziata una somma di 400 mila euro a favore della nostra Asl a favore di questo progetto. Il 70% di questa somma è disponibile e ne abbiamo già attinto per riavviare la progettualità”. All’interno della struttura vengono accolti anche pazienti esterni e nuclei familiari non più inseriti in progetti di riabilitazione. “Casa Dago”, grazie alla forza del suo Presidente, alla collaborazione della Asl Roma C, alle iniziative dei collaboratori e dei volontari, è riuscita in questi anni a diventare il punto di riferimento, la luce in fondo al tunnel nel momento più buio della vita di tanti ragazzi e ragazze.

10/01/2009: "Casa Dago" per soggetti post-comatosi
Regione Lazio Sala Stampa

La Giunta regionale del Lazio presieduta da Piero Marrazzo ha approvato il progetto ‘Casa Dago’, la struttura per il reinserimento sociale e la reintegrazione familiare supervisionata del soggetto post-comatoso con l’obiettivo di migliorare la vita di chi è uscito dal coma.

Il progetto è stato presentato dall’Azienda USL Roma C. Il progetto ‘Casa Dago’ punta alla riqualificazione e al reinserimento scolastico-lavorativo dei soggetti post-comatosi, con il supporto dei corsi di informatica, disegno e pittura, decoupage e ortofrutticoltura. Presupposto fondamentale è l’ospitalità nella struttura, per i residenti nella provincia e non, essenziale per la prosecuzione del progetto riabilitativo extra-ospedaliero

Casa Dago, è stata creata da l’A.R.CO.92 una struttura nella quale vengono ospitate persone con handicap motori e psicologici, i quali assieme ai propri familiari affrontano la delicata fase del ritorno presso il proprio ambiente familiare e sociale. Ogni attività è svolta con la supervisione di psicologi, che aiutano i familiari a gestire ed aiutare il disabile nel recupero della maggior autonomia possibile, nell’ottica del reinserimento familiare, sociale, scolastico e/o lavorativo.

l’A.R.CO.92 è presieduta fin dalla sua costituzione da Maria Elena Villa, coadiuvata da specialisti del settore (rianimatori, neurologi, fisiatri, fisioterapisti, logopedisti, psicologi ed infermieri.) impegnati prevalentemente nei reparti di Rianimazione del Policlinico "A. Gemelli" e dell’I.R.C.C.S. "Santa Lucia" di Roma, con l’indispensabile aiuto di un gruppo di volontari.

15/12/2008: Battaglia: "Riaprire subito il centro di assistenza e riabilitazione per post comatosi "Casa Dago"".,
Interrogazione urgente del consigliere PD alla Pisana

Un’interrogazione urgente al Presidente della Giunta regionale, Piero Marrazzo, è stata presentata dal consigliere PD, Augusto Battaglia, in merito all’improvvisa chiusura della struttura di assistenza, riabilitazione e reinserimento delle persone uscite dal coma, “Casa Dago” in via della Fotografia a Roma, gestita dalla Fondazione Santa Lucia in collaborazione con l’associazione Arco 92. “Da sabato 13 dicembre – evidenzia Battaglia nell’interrogazione – le porte del servizio sono sbarrate e gli ospiti di “Casa Dago”, la prima struttura in Italia dedicata al reinserimento familiare, sociale e scolastico di giovani che hanno vissuto l’esperienza di coma, sono stati formalmente dimessi. Otto famiglie di disabili gravi si trovano ora senza alcuna assistenza e private anche della speranza di un progetto di vita costruito faticosamente attraverso un complesso percorso di riabilitazione. L’improvvisa chiusura della struttura, la cui attività risulta peraltro finanziata fino al 31 dicembre 2008, sembra configurarsi come una vera e propria interruzione di pubblico servizio. Un’interruzione non giustificabile dai pur comprensibili ritardi organizzativi derivanti dall’intenzione manifestata dalla Fondazione Santa Lucia di interrompere la collaborazione con Arco 92 e dalla conseguente determinazione degli Assessorati competenti di trasferire l’attività alla diretta gestione della Asl RM C. Per tali motivi – ha concluso Battaglia – ho chiesto al Presidente Marrazzo un intervento urgente perché sia fatta chiarezza sui tempi di deliberazione della Giunta e affinché “Casa Dago” possa essere immediatamente riaperta, restituendo serenità e speranza alle famiglie che usufruivano del servizio”.

15/12/2008: ROMA: BATTAGLIA (PD), RIAPRIRE SUBITO STRUTTURA 'CASA DAGO'
Adnkronos

Roma, 15 dic. - (Adnkronos) - "Riaprire subito il centro di assistenza e riabilitazione per post comatosi 'Casa Dago'. Da sabato 13 dicembre le porte del servizio sono sbarrate e gli ospiti di 'Casa Dago', la prima struttura in Italia dedicata al reinserimento familiare, sociale e scolastico di giovani che hanno vissuto l'esperienza di coma, sono stati formalmente dimessi. E' quanto dichiara il consigliere del Pd, Augusto Battaglia, in un'interrogazione urgente presentata al Presidente della Giunta regionale, Piero Marrazzo, in merito all'improvvisa chiusura della struttura di assistenza, riabilitazione e reinserimento delle persone uscite dal coma, 'Casa Dago' in via della Fotografia a Roma, gestita dalla Fondazione Santa Lucia in collaborazione con l'associazione Arco 92. "Otto famiglie di disabili gravi - prosegue Battaglia - si trovano ora senza alcuna assistenza e private anche della speranza di un progetto di vita costruito faticosamente attraverso un complesso percorso di riabilitazione. L'improvvisa chiusura della struttura, la cui attivita' risulta peraltro finanziata fino al 31 dicembre 2008, sembra configurarsi come una vera e propria interruzione di pubblico servizio. Un'interruzione non giustificabile dai pur comprensibili ritardi organizzativi derivanti dall'intenzione manifestata dalla Fondazione Santa Lucia di interrompere la collaborazione con Arco 92 e dalla conseguente determinazione degli Assessorati competenti di trasferire l'attivita' alla diretta gestione della Asl Rm C". "Per tali motivi - ha concluso Battaglia - ho chiesto al presidente Marrazzo un intervento urgente perche' sia fatta chiarezza sui tempi di deliberazione della Giunta e affinche' 'Casa Dago' possa essere immediatamente riaperta, restituendo serenita' e speranza alle famiglie che usufruivano del servizio".

10/12/2008: Dal coma al volontariato in casa famiglia Ora lavora nella struttura sanitaria unica in Italia per il recupero psico-fisico
il Tempo, LAURA CANDELORO

OLTRE il risveglio, la speranza e il coraggio di ricominciare daccapo una vita più dura dopo la traumatica esperienza del coma.

Per chi ha varcato il limite ed è ritornato - 40mila all'anno gli invalidi gravi per trauma cranico, giovani sopravvissuti a incidenti stradali - la sfida è quella di ricominciare. E per il difficile ritorno alla normalità l'unica struttura in Italia per il recupero psico-fisico dei post-comatosi che prepara al rientro in casa dopo la dismissione ospedaliera è «Casa-Dago» (www.arco92.it), sull'Ardeatina, sorta nel '99 per opera dell'Associazione riabilitazione comatosi (A.R.Co. 92) e della Fondazione Santa Lucia. Roberto Placidi è uno dei circa 30 volontari della casa famiglia che a 17 anni entrò in coma profondo dopo una caduta dalla moto. Dopo il risveglio e la riabilitazione, la decisione di far tesoro della sua dolorosa esperienza prodigandosi per gli altri ragazzi come lui. Il calvario di Pasquale Petrone, 24enne, inizia 4 anni fa per i gravi postumi traumatici di un banalissimo incidente stradale. Dopo 3 anni di degenze in vari istituti, fino a Bologna, ritrova la voglia di vivere avviandosi verso la convalescenza solo a Casa Dago ove oggi, grazie alle cure, all'armonia e al clima familiare che vi respira, ha riconquistato l'autonomia e ripreso la vita sociale. La struttura ospita ora in miniappartamenti 11 giovani pazienti ed un loro familiare per un periodo massimo di 3 mesi, offrendo programmi riabilitativi, corsi di informatica, fotografia, orto-floro-frutticoltura e pet-therapy con cani labrador addestrati, di valido aiuto per recuperare il senso di autostima e di responsabilità. «Cerchiamo di aiutare e curare anche i genitori eroici che spesso non sono in grado di sostenere i loro figli, rappresentando la loro risorsa maggiore», afferma Elena Maria Villa, presidente dell'associazione. Casa Dago rischia però di chiudere i battenti. Entro l'estate sarà «sfrattata» dall'attuale stabile, di proprietà dell'Istituto San Michele, dopo la disdetta del contratto da parte della Fondazione Santa Lucia per l'alto costo dell'affitto di circa 20milioni di lire al mese. Dalla Provincia di Roma giunge l'impegno a sperimentare progetti che, in attesa di una legge, diventino un modello per tutelare e sviluppare la struttura. «In questa casa gli occhi parlano e lo sguardo esprime un desiderio - sostiene il presidente Silvano Moffa - sulla frontiera del rientro alla vita e dell'aiuto a vivere si mettono in gioco le professionalità dei medici ma soprattutto le esperienze di amore».

10/12/2008: Casa Dago

Dal 31/12/2008 la figura istituzionale di riferimento che collaborerà con l'Associazione A.R.CO 92 non sarà più la Fondazione Santa Lucia ma diventerà la ASL RMC.

La prosecuzione del progetto è oggi resa possibile grazie allo stanziamento dei fondi dell'Assessorato alle Politiche Sociali della Regione Lazio, e all'intervento dell'Assessore Anna Salome Coppotelli e dell'Onorevole Augusto Battaglia dell'Assessorato alla Sanità della Regione Lazio.

16/10/2008: I vegetativi? Persone da difendere, altro che non vita
Avvenire, Francesca Lozito

«Se passa l’idea che ai pazienti nelle condizioni della Englaro si può staccare il sondino, allora le persone che assistiamo sono in pericolo» L’angoscia delle associazioni di famiglie con malati in stato vegetativo a meno di un mese dal verdetto decisivo.

Un centro di transizione per stati vegetativi. È questa la sfida di Arco92, l’associazione romana per la riabilitazione del comatoso che fa parte de «La Rete», un gruppo associazioni riunite per il trauma cranico e le gravi cerebrolesioni acquisite. Un progetto pensato per fare in modo che le famiglie possano essere in grado di accudire il proprio caro che si trova in questa condizione. Una possibilità che sembra proprio in linea con quanto espresso dai vescovi nel Messaggio per la Giornata per la vita 2009, quando si afferma che è errato «rispondere a stati permanenti di sofferenza, reali o asseriti, reclamando forme più o meno esplicite di eutanasia». Perché «la vita umana è un bene inviolabile e indisponibile, e non può mai essere legittimato e favorito l’abbandono delle cure, come pure ovviamente l’accanimento terapeutico».

Maria Elena Villa è presidente di Arco92. E ci spiega cosa teme dalla sentenza Englaro dell’11 novembre in Cassazione. Anzitutto ci spiega il vostro progetto? «Stiamo lavorando in collaborazione con il San Raffaele di Roma per realizzare una "casa" in cui i familiari di una persona che si trova in stato vegetativo possano essere preparati alla gestione pratica e psicologica del paziente a casa. Crediamo infatti che portarli a domicilio sia possibile».

Quali sarebbero gli effetti del ritorno a casa?
«Molti e diversi: sappiamo che le strutture dedicate a questo tipo di malati in Italia sono poche e spesso fanno peregrinare il malato e i parenti per la Penisola in cerca di chi possa accoglierli: questo vuol dire stravolgimento di vite, ed enormi problemi economici. Poi, naturalmente, vuol dire anche liberare letti delle rianimazioni e delle residenze per anziani, che per questo tipo di patologie sono ricoveri di rimedio: importantissimi, però inappropriati».

Tenere a casa un malato del genere però ha un costo alto.
«Per questo nel progetto, che si concretizzerà a Roma, saranno coinvolte anche le Asl territoriali, le quali, in collaborazione con il Centro di transizione, devono fare un’azione di supporto a domicilio sia con le competenze sia con gli strumenti adatti.
Siamo convinti che l’investimento in formazione possa essere un grande aiuto alle famiglie dei cerebrolesi e recare un risparmio a livello economico. È la prima struttura del genere in Italia. Di questo progetto e delle problematiche legate alle persone in stato vegetativo parleremo in un congresso che si terrà al San Raffaele di Velletri il 12 dicembre».

Di che cosa vi occupate ancora come associazione?
«Dal 1999, assieme alla Fondazione Santa Lucia, abbiamo a Roma "Casa Dago", una struttura demedicalizzata per accogliere il paziente post-comatoso e un suo congiunto nel momento della dimissione dall’ospedale di riabilitazione e assisterlo concretamente nella reintegrazione familiare, sociale e lavorativa».

Qual è la finalità di Casa Dago?
«In questa struttura opera un’équipe multidisciplinare con l’obiettivo di promuovere le potenzialità e le capacità residue di un paziente post-comatoso, affinché possa essere comunque attivo, pur con un deficit neuromotorio e neuropsicologico».

In questi mesi come avete vissuto la vicenda di Eluana Englaro?
«Come si può facilmente immaginare, con molta sofferenza. Perché noi abbiamo a che fare ogni giorno con persone che si trovano in condizioni simili o uguali. E nutriamo una grande paura».

Quale?
«Pur con tutto il rispetto per il dolore e l’angoscia del padre, che, naturalmente, ben comprendiamo, ci siamo chiesti in che modo le scelte del signor Englaro, fatte sulla ribalta mediatica, possano ripercuotersi in modo negativo sulla già dura vita dei familiari dei nostri pazienti».

Perché?
«Se passa l’idea che lo stato vegetativo è una "non-vita", anche alcune delle persone che noi assistiamo possono sentirsi autorizzate ad avanzare lo stesso tipo di richieste del padre di Eluana. Ma siamo proprio sicuri che è solo questa l’unica via possibile?».

Quale strada va percorsa allora?
«Bisogna sensibilizzare l’opinione pubblica e la società nel dire che i pazienti in stato vegetativo sono persone a tutti gli effetti, nelle quali il cervello ha smesso di funzionare ma che conservano inalterate tutte le altre funzioni vitali. Se s’insinua la convinzione che non sono nulla, anche tutto il nostro lavoro, già così tanto difficile, rischia di essere vanificato».

La sospensione di idratazione e alimentazione per lei cosa rappresenta?
«Come si dà da mangiare a un bambino che non può nutrirsi da solo, così bisogna dare aiuto nell’alimentazione e idratazione a chi si trova nella condizione di non poterlo fare autonomamente. Se privati di queste due operazioni fondamentali i pazienti in stato vegetativo morirebbero tra atroci sofferenze, senza alcuna possibilità di difesa».

Abbiamo detto prima che è difficile trovare una struttura che accolga un paziente del genere, tanto che voi pensate a una formazione per tornare a casa propria...
«Certo, credo che le suore di Lecco che accudiscono Eluana da così tanti anni stiano facendo una grande opera di assistenza che, mi creda, non è così scontato trovare nel resto d’Italia. Tante famiglie hanno i propri cari completamente a loro carico senza alcun aiuto. Ed è quindi una fortuna che Eluana abbia trovato un luogo in cui è assistita con tanto amore e cura».

01/04/2008: Serata Charity promossa dalla onlus Fondazione Attività Benefiche Parioli
il Messaggero, Maria Serena Patriarca

Campioni che hanno fatto la storia dello sport italiano, supermanager, volti dello spettacolo e moltissimi soci: in quasi trecento gli ospiti che hanno gremito ieri sera il Tennis Club Parioli, in occasione della serata charity promossa dalla onlus Fondazione Attività Benefiche Parioli.
«Non vogliamo più che un ex campione sportivo, com’è stato con il triste caso del pugile Duilio Loi, debba morire in stato di malattia, oblio generale e indigenza», dice il consigliere dell’Associazione, Andrea Dello Siesto, mentre consegna un doppler portatile a Elena Villa, presidente della onlus ARCO 92 per la riabilitazione dei comatosi.
Il presidente del circolo pariolino, Emanuele Scarfiotti, dà il benvenuto agli invitati, capitanati dal socio Zibì Boniek. Tra i presenti? Il simpatico Renzo Arbore, gli indimenticabili assi della racchetta Nicola Pietrangeli e Lea Pericoli, il presidente di Legacalcio Antonio Matarrese e il numero uno della Federazione Tennis, Angelo Binaghi. Una riffa con ricchi premi intrattiene i presenti, mentre un appetitoso buffet a base di salumi, formaggi e prelibatezze mediterranee fa capitolare anche le signore più attente alla dieta. Dulcis in fundo, la travolgente musica cubana di Eduardo Barreto e della sua band dà un tocco cosmopolita alla serata, mentre fa il suo ingresso una torta del diametro di un metro per il brindisi.

05/10/2007: Casa Iride: a Roma la prima casa dedicata all'accoglienza delle persone in stato vegetativo persistente

Grazie ai progressi della medicina di emergenza, un numero crescente di persone, a seguito di un trauma o di una malattia, resta in vita e affronta una fase di coma. In molti casi il coma viene superato e si da avvio ad una fase di riabilitazione, mentre in altri casi la situazione di coma diventa persistente e la persona si viene a trovare in condizione di stato vegetativo.
Casa “Iride” - la prima struttura di questo genere realizzata da un Comune in Italia in collaborazione con Assessorato Regionale alla Sanità e la Asl B - nasce per accogliere queste persone nel caso in cui non possano essere assistite a domicilio.
Un progetto sperimentale alla cui definizione ha lavorato un gruppo tecnico integrato, sociale e sanitario, con il contributo delle associazioni dei familiari.
La “Casa” potrà ospitare 7 pazienti con i rispettivi familiari, ai quali sarà consentita la presenza durante tutto l’arco delle 24 ore. Per questo motivo, il progetto prevede ampie stanze che potranno anche essere personalizzate dalle famiglie ospiti, e luoghi comuni di incontro per i familiari. Spazi comuni saranno inoltre dedicati alla fisioterapia. In particolare 4 posti saranno stabili, nel caso in cui i pazienti si trovino in condizioni socioeconomiche che ne impediscano la domiciliazione presso la loro residenza. 2 posti letto verranno destinati alla domiciliazione temporanea per coloro che, al momento delle dimissioni, non hanno ancora completato i lavori di adeguamento della loro abitazione o l’installazione dei presidi fissi necessari (per un periodo massimo di tre mesi). 1 posto sarà di “Sollievo”, un servizio che permette da un lato di accudire il paziente in un ambiente protetto e allo stesso tempo di offrire alle famiglie, occupate con continuità nell’assistenza del loro familiare, un periodo di “sollievo” (fino ad un massimo di 30 giorni) “Casa Iride” inoltre vuole essere un punto di riferimento e di auto-aiuto non solo per le famiglie dei pazienti ospiti nella residenza, ma per promuovere una rete di servizi e di sostegno e orientamento per tutti coloro che affrontano questo problema e magari assistono a casa il proprio caro. Per questo motivo, uno spazio sarà dedicato all’incontro, alla promozione di momenti di informazione, di formazione, di consulenza e auto aiuto tra famiglie.
Uno sportello che verrà gestito anche grazie all’Associazione “Risveglio” e che risponderà contattando Chiamaroma 060606 (il martedì e giovedì dalle ore 9,30 alle ore 13,00, a partire da martedì 11 settembre). La realizzazione del progetto architettonico, definito secondo i criteri della bio architettura e della eco-compatibilità, è stato realizzato anche grazie al contributo del Consorzio GROS che ha sostenuto concretamente i lavori di adeguamento e di ristrutturazione necessari.
Per quanto riguarda gli arredi delle stanze invece, la Società Sapio Life s.r.l. ha donato i 7 letti adeguati alle specifiche esigenze delle persone in questo stato (abbassamento rapido dello schienale, movimento di sollevamento ed abbassamento rapido, possibilità di spostamento su ruote, etc.). L’équipe della Casa è composta da personale sanitario messo a disposizione dalla Asl Roma B. Tra le figure professionali previste, assistenti sociali, operatori/operatrici di base per l’assistenza alla persona, uno psicologo per il sostegno alle famiglie, un medico neurologo, fisioterapisti e infermieri professionali, ma anche volontari, appositamente formati.
L’accesso alla Casa da parte dei pazienti sarà definito sulla base di una analisi dei bisogni sanitari e sociali, dando priorità alle persone che, per diversi motivi, non possono essere assistite a domicilio. Per accedere alla struttura il cittadino può rivolgersi ai servizi sociali del Municipio di appartenenza o agli sportelli CAD della propria ASL. E’ prevista una commissione di ingresso mista (socio-sanitaria).
Il progetto L’intervento è localizzato all’interno di un un’area dove insistono già altri edifici adibiti a strutture per servizi sociali del Comune di Roma, in via di Torre Spaccata al civico 155 e si presenta come un corpo di fabbrica con la sua autonomia e con accesso separato dalla strada interna.
In particolare si compone di 7 stanze per i degenti ciascuna caratterizzata da un diverso colore. Le stanze sono attrezzate con lavandino interno ed una poltrona-letto per un familiare, delle docce speciali per le barelle, ed un piccolo presidio con monitor di controllo collegati alle stanze. Nel nuovo edificio, collegato al primo attraverso un corridoio di passaggio vetrato, sono le stanze per l’amministrazione, la medicheria / fisioterapia, gli spogliatoi del personale di servizio e i servizi igienici per i familiari. Al piano terra dello stesso edificio è attrezzato uno spazio di soggiorno con piccola tisaneria annessa, per rendere più confortevole la permanenza dei familiari, talora lunga, nel Centro. L’ascensore - montalettighe che conduce al primo piano, si apre direttamente nello spazio esterno, facilitando l’ingresso anche delle barelle dalla strada, con la possibilità di accostarsi con le ambulanze, mentre l’ingresso dei familiari potrà avvenire dal piano strada, al piano leggermente ribassato della reception, attraverso una scala.
Gli spazi interni sono confortevoli, luminosi per creare un’atmosfera poco opprimente ed angosciante per i familiari; mentre dal corridoio stesso delle opportune finestre interne, anche oscurabili con veneziana, consentono, in assenza del familiare, il controllo costante di tutte le stanze da parte del personale. Il totale della superficie coperta è di 360 mq tra l’edificio nuovo e quello recuperato con la manutenzione straordinaria, oltre ad ulteriori 50 mq disposti al di sotto dell’edificio.

30/06/2006: Sono 3.000 in stato vegetativo. E i letti solo 300
Corriere della Sera, di Margherita De Bac

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16/02/2006: La legge finanziaria, a favore delle Onlus

La legge finanziaria (Legge 23 dicembre 2005 n. 266, articolo 1, comma 337) ha previsto per l’anno 2006, a titolo sperimentale, la destinazione in base alla scelta del contribuente di una quota pari al 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche a finalità di:
sostegno del volontariato, delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale e di altre fondazioni e associazioni riconosciute (art. 1, comma 337, lettera a) L. 266/05);
finanziamento della ricerca scientifica e delle università (art. 1, comma 337, lettera b) L. 266/05);
finanziamento della ricerca sanitaria (art. 1, comma 337, lettera c) L. 266/05) attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente (art. 1, comma 337, lettera d) L. 266/05).
A.R.CO.92 Onlus Associazione per la Riabilitazione del Comatoso
CF 97084650585
Sede Legale: Via Alessandro Serpieri, 7 00197 Roma

2003: Al cuore si comanda, per beneficenza
Il Messaggero , Salvatore Taverna

leggi articolo

02/11/2003: Medici, come sempre a fianco della gente,
Onda Tv Magazine, Fabrizio Renzetti

30/03/2003: Casa Dago aiuta chi torna a vivere,
Il Giornale D'Italia, Stefania Fasso

03/02/2003: Un sorriso e una carezza per tornare a vivere
l'Osservatore Romano, Rita Dietrich

03/01/2003: Per fare Medici ci vuole cuore,
La Padania, Rosanna Scardi

20/12/2002: Curarsi con i cuccioli in opedale Via al decreto per tenerli in corsia
Corriere della Sera, Margherita De Bac

10/12/2002: C'è chi riporta alla vita i postcomatosi
Ansa

Ansa 17:32 12-10-02 VOLONTARIATO: C'E' CHI RIPORTA ALLA VITA I POSTCOMATOSI/ UNA STRUTTURA NATA DALLA FORZA DI UNA DONNA CHE HA PERSO FIGLIO
(ANSA) - AREZZO, 12 OTT - L'arcipelago del volontariato sembra sconfinato ed in grado di rispondere a qualsiasi appello di aiuto.
Dietro i volti che affollano in questi giorni il Palaffari di Arezzo, dove e' in corso la quarta Conferenza nazionale del settore, si nascondono tante storie diverse che si sono tradotte in un aiuto per altri che, sempre, copre una disfunzione, una insufficienza e, a volte, la completa assenza di un servizio, pubblico o privato.
E' quest'ultimo il caso di "Casa Dago", una struttura sociosanitaria, nata due anni fa a Roma che, prima ed ancora unica in Italia, si occupa della reintegrazione familiare, sociale e lavorativa di coloro che sono usciti dal coma che, quasi sempre, non vedono completamente risolti i loro problemi una volta dimessi dall'ospedale. Le difficoltà che presentano possono essere molteplici: da quelle motorie a quelle più insidiose, perché meno evidenti, di ordine psicologico e neurologico, come la difficoltà di concentrazione e di attenzione, l'indebolimento della memoria, l'apatia di fronte " a qualsiasi tipo di stimolo, anche quello più semplice e naturale come la fame.
Dietro 'Casa Dago" c'e' il volto di Maria Elena Villa, una signora romana che nel '92 perse un figlio di 21 anni, il cui soprannome era appunto Dago, morto dopo un mese di coma per un incidente automobilistico. La struttura voluta da Maria Elena Villa e' nata in collaborazione con la Fondazione "Santa Lucia", un istituto di ricerca e cura a carattere scientifico, ed e' finanziata dalla Regione Lazio.
"Oggi, per i fondi disponibili - spiega la donna - può assistere fino a dieci pazienti post comatosi anche se ne potrebbe ospitare fino a trenta. Nella Casa il paziente vive con un familiare che viene scelto da una apposita unità valutativa". "Qui, grazie ai volontari, tra cui molti medici specialisti, il postcomatoso - aggiunge - reimpara a vivere e viene continuamente stimolato attraverso una serie di attività scelte in base alle inclinazioni del soggetto, come corsi di computer, ortofloricoltura terapeutica, lo studio delle lingue, o semplicemente andando al cinema, visitando i musei o giocando a calcio".
L' impegno della signora Villa non si ferma qui. Attraverso la sua Fondazione, la Arco '92 di cui fanno parte come soci fondatori rianimatori dell'ospedale Gemelli di Roma e la Fondazione "Santa Lucia", ha pubblicato una guida per i familiari del paziente postcomatoso e sta inoltre attivando un progetto per Il riaddestramento alla guida di chi e' uscito dal coma. In collaborazione con l' Istituto superiore di sanità e con la Fiat sta allestendo un percorso, nel circuito di Settebagni, dove vengono simulate le difficoltà che, improvvisamente, si possono presentare durante la guida per misurare capacità e tempi di reazione. Nell' immediato futuro intende battersi affinché venga approvata una legge che consenta ad un familiare di paziente postcomatoso di assentarsi dal lavoro come quando si e' in attesa di un figlio o si deve seguirlo nei primi mesi di vita. "Del resto - osserva - una persona uscita dal coma e' come un bambino al quale bisogna insegnare ex novo molte cose". (ANSA).

10/12/2002: Conferenza sul Volontariato - Storie
La Stampa, Andrea Cairola

Chi riporta in vita i postcomatosi
Dietro i volti che affollano in questi giorni il Palaffari di Arezzo, dove è in corso la quarta Conferenza nazionale del settore, si nascondono tante storie diverse che si sono tradotte in un aiuto per altri che, sempre, copre una disfunzione, una insufficienza e, a volte, la completa assenza di un servizio, pubblico o privato.
È quest' ultimo il caso di «Casa Dago», una struttura sociosanitaria, nata due anni fa a Roma che, prima ed ancora unica in Italia, si occupa della reintegrazione familiare, sociale e lavorativa di coloro che sono usciti dal coma che, quasi sempre, non vedono completamente risolti i loro problemi una volta dimessi dall'ospedale.
Le difficoltà che presentano possono essere molteplici: da quelle motorie a quelle più insidiose, perchè meno evidenti, di ordine psicologico e neurologico, come la difficoltà di concentrazione e di attenzione, l' indebolimento della memoria, l'apatia di fronte a qualsiasi tipo di stimolo, anche quello più semplice e naturale come la fame.
Dietro «Casa Dago» c'è il volto di Maria Elena Villa, una signora romana che nel '92 perse un figlio di 21 anni, il cui soprannome era appunto Dago, morto dopo un mese di coma per un incidente automobilistico.
La struttura voluta da Maria Elena Villa è nata in collaborazione con la Fondazione «Santa Lucia», un istituto di ricerca e cura a carattere scientifico, ed è finanziata dalla Regione Lazio. «Oggi, per i fondi disponibili - spiega la donna - può assistere fino a dieci pazienti post comatosi anche se ne potrebbe ospitare fino a trenta. Nella Casa il paziente vive con un familiare che viene scelto da una apposita unità valutativa».
«Qui, grazie ai volontari, tra cui molti medici specialisti, il postcomatoso - aggiunge - reimpara a vivere e viene continuamente stimolato attraverso una serie di attività scelte in base alle inclinazioni del soggetto, come corsi di computer, ortofloricoltura terapeutica, lo studio delle lingue, o semplicemente andando al cinema, visitando i musei o giocando a calcio».
L' impegno della signora Villa non si ferma qui. Attraverso la sua Fondazione, la Arco '92 di cui fanno parte come soci fondatori rianimatori dell' ospedale Gemelli di Roma e la Fondazione Santa Lucia, ha pubblicato una guida per i familiari del paziente postcomatoso e sta inoltre attivando un progetto per il riaddestramento alla guida di chi è uscito dal coma.
In collaborazione con l'Istituto superiore di sanità e con la Fiat sta allestendo un percorso, nel circuito di Settebagni, dove vengono simulate le difficoltà che, improvvisamente, si possono presentare durante la guida per misurare capacità e tempi di reazione.
Nell'immediato futuro intende battersi affinchè venga approvata una legge che consenta ad un familiare di paziente postcomatoso di assentarsi dal lavoro come quando si è in attesa di un figlio o si deve seguirlo nei primi mesi di vita. «Del resto - osserva - una persona uscita dal coma è come un bambino al quale bisogna insegnare ex novo molte cose».

16/09/2002: Fuori dal coma grazie a un cane
www.superabile.it

Il comune di Roma ha finanziato un progetto-pilota di riabilitazione psichica e motoria di pazienti post-comatosi, grazie all'utilizzo di un cane. Il progetto, che partirà in via sperimentale domani, è stato organizzato dalle associazioni 'Ar.Co 92' e 'Anuccs'. Una quindicina i pazienti coinvolti, tra i 18 e i 40 anni.
ROMA- 'Un cane per tornare a sorridere': è il nome di un progetto sperimentale, finanziato dal Comune di Roma ed organizzato in collaborazione con le associazioni “A.R.co. 92” e “ANUCSS”, che prevede l'utilizzo del cane negli interventi di riabilitazione psichica e motoria delle persone in condizione post -comatosa. Il progetto parte domani, martedì 17 settembre, presso la struttura riabilitativa 'Casa Dago', gestita dall'associazione 'Ar.co 92'. I pazienti coinvolti nella riabilitazione saranno circa 15 e alcuni di loro provengono dall'Istituto 'Santa Lucia'. Durante i 4 mesi della sperimentazione, gruppi formati da due o più operatori con i loro cani, in sinergia con gli psicologi delle strutture, definiranno un programma di riabilitazione, basato sull'istintivo affiatamento che si stabilisce tra l'uomo e il cane. I pazienti potranno accudire l'animale, o fare con lui delle lunghe passeggiate o impegnarsi in attività ludico-ricreative; insomma, stabilire un rapporto personale e privilegiato con 'fido', seguendo l'affinità istintiva e le esigenze specifiche di riabilitazione. Diversa è l'età dei pazienti, compresa tra i 18 e i 40 anni, nella maggior parte dei casi vittime di incidenti ed eventi traumatici che li hanno costretti a lunghi periodi di coma.
I cani scelti per questo tipo di sostegno appartengono a razze notoriamente tranquille e socievoli. «Partendo dal principio che qualsiasi razza va bene» precisa Sabrina Gasparri, una delle responsabili del progetto per l'associazione Anuccs «di solito noi lavoriamo con i Labrador, i Border Collie e i Golden Retriver. Si tratta di cani che rispondono con più immediatezza a questo tipi di addestramento e che per il loro modo di presentarsi e di entrare in contatto con l'uomo sembrano i più adatti a questo tipo di lavoro. E l'esperienza negli anni ci ha dato ragione». La struttura “Casa Dago” che ospita il progetto é stata inaugurata nel 1999 dall'organizzazione “A.R.co 92” e dalla Fondazione Santa Lucia ed é una struttura che accoglie il paziente post-comatoso assieme ad un suo familiare nel momento della dismissione ospedaliera. Ideatrice del progetto è, invece, l'associazione “A.N.U.C.S.S.”, Associazione Nazionale Utilizzo Cane per Scopi Sociali, che programma attività e terapie assistite con il cane attraverso interventi di riabilitazione psichica e motoria.
Il progetto é interamente finanziato dal Dipartimento Vº -Servizio Handicap- del Comune di Roma ed é sostenuto da Ileana Argentin, Consigliere Delegato per i problemi dell'Handicap. «Partendo dalla consapevolezza che gli animali sono esseri esenti da pregiudizi e rappresentano valido aiuto per il reinserimento di una persona» dice il consigliere «sono convinta degli ottimi risultati cui porterà questo progetto per il quale mi sono battuta fin dalla nascita».

04/08/2002: Grandi traumi, niente assistenza al Sud
Il Sole 24 ore - Norme e Tributi - pag. 17, Paolo Del Bufalo

04/07/2002: Il Killer dei giovani
Corriere Salute - Diritto, Valeria Fieramonte

leggi pdf

15/05/2002: Un concerto per Casa Dago
Giornale d'Italia

15/05/2002: Note di speranza per Casa Dago
Corriere della Sera

15/05/2002: Beneficenza
La Repubblica

10/03/2002: Quando la vita è sospesa
L'Espresso, Agnese Codignola e Daniela Ovadia

23/02/2002: Quelli che hanno visto la morte in faccia
Il Tempo, Laura Candeloro

20/02/2002: Emergenza trauma cranico: con la prevenzione si risparmiano 1.800 vite e 1 miliardo e mezzo di euro
Salute Europa, www.saluteeuropa.it

7.300 morti, 600.000 feriti e 16.600 invalidi permanenti; non si tratta di un bollettino di guerra ma dei dati relativi all’incidenza del trauma cranico in Italia. Tecnicamente definito come una lesione al cranio o al cervello dovuta ad una forza fisica esterna, il trauma cranico rappresenta oggi in Italia e nel mondo la prima causa di morte per le persone al di sotto dei 45 anni e la prima ragione di invalidità per i giovani sotto i 25 anni. Un killer più spietato e silenzioso di droga e malattia, che suscitano in genere un allarme sociale maggiore. I Lions Clubs italiani, da sempre impegnati in iniziative di volontariato socio-umanitarie, hanno deciso di non rimanere inerti davanti a questo scenario sconcertante e da due anni hanno creato un comitato con il compito di monitorare le caratteristiche del fenomeno e definire possibili azioni per prevenirlo o ridurne le conseguenze. Lo scorso anno la lotta al trauma cranico è stata votata come impegno prioritario dai 48.000 Lions Italiani, e da questo mese prenderà il via una campagna di prevenzione rivolta sia ai ragazzi che agli adulti, le cui iniziative sono state presentate ieri a Milano.
Il dott. Sandro Feller, Primario di Neuroriabilitazione dell’Ospedale Salvini di Garbagnate intervenuto per presentare gli aspetti clinici del fenomeno, ha dichiarato che “il trauma cranico è classificato come epidemia tra i giovani di sesso maschile dai 14 ai 34 anni, non si tratta tuttavia di una malattia vera e propria ma di un’emergenza sociale cresciuta negli ultimi vent’anni insieme al fenomeno della motorizzazione. In Italia nel 48% dei casi il trauma cranico è causato da incidenti stradali. Proprio questa causa, fortemente connessa a fattori sociali e personali, può essere ridotta fino al 50% grazie a campagne di prevenzione che sensibilizzino automobilisti e motociclisti ad adottare tutti i possibili dispositivi di sicurezza.”
Il 30 marzo 2000 è entrata in vigore la nuova legge che ha reso obbligatorio l’uso del casco a tutti coloro che viaggino su due ruote motorizzate, minorenni e maggiorenni. L’obbligo del casco ha permesso di salvare in un anno 180 persone e di evitare 350 casi di invalidità grave, con una riduzione complessiva di circa 8.000 ricoveri.
Oggi il casco è adottato da oltre il 95% dei motociclisti al centro e al nord, mentre al sud lo indossa solo il 60%”. Percentuali che hanno un significato vitale se si considera che l’Istituto Superiore di Sanità ha stimato che a ogni aumento dell’1% dell’uso del casco corrispondono 2 morti, 4 invalidi e 100 ricoveri per trauma cranico in meno all’anno. Notevole sarebbe anche la riduzione dei costi socio sanitari, che attualmente prevedono una spesa di 918.260,00 euro per ogni decesso da trauma cranico e 209.683,00 euro per ogni invalido permanente.
A queste riflessioni si ispira la prima fase della campagna di sensibilizzazione, che ha come obiettivo proprio l’incremento dell’uso del casco. L’iniziativa, rivolta ai giovani tra i 14 e i 19 anni, consiste nella presentazione alle scuole medie e superiori di tutta Italia di una videocassetta dall’alto impatto emotivo intitolata “La vita non ha prezzo! Perché pagarla cara?”, realizzata in 16.000 copie grazie al contributo di Sony Italia.
Attraverso immagini semplici e un linguaggio diretto, il video mira a confutare le principali motivazioni di rifiuto del casco da parte dei ragazzi, legate in gran parte al giudizio degli amici. Oltre alle drammatiche conseguenze fisiche e psichiche del trauma cranico, il video insiste sull’emarginazione sociale che deriva dalla menomazione fisica. “Quando stai male davvero, nessuno ti rimane vicino” è la drastica conclusione.
Gianmarco Pozzecco, playmaker della Metis Varese, spiegando i motivi che lo hanno spinto a fare da testimonial all’iniziativa ha dichiarato: “il basket non è solo la mia grande passione, è anche la mia professione, la salute ha quindi per me un’importanza fondamentale. Questa consapevolezza mi porta a dare molta importanza a quei piccoli accorgimenti, come l’uso del casco, che mi permettono di evitare incidenti che potrebbero compromettere per sempre la mia carriera e la mia stessa vita.
Devo ammettere che, come tutti i motociclisti, ho avuto a volte la tentazione di non mettermi il casco per assaporare a pieno la velocità, ma se penso alle conseguenze che potrebbe avere questo capriccio sulla mia vita, sulla mia professione e sulle persone che mi stanno vicino, mi verrebbe voglia di indossare un casco anche nel corso di una partita, dove le cadute non mancano.” Pozzecco ha concluso il suo intervento con un messaggio rivolto direttamente ai ragazzi: “mettetevelo in testa! Col casco si vince la partita con la vita”.
Giuseppe Pajardi, Presidente dei Lions Clubs Italiani, ha illustrato l’altra iniziativa rivolta al pubblico: un convegno nazionale dal titolo ‘Trauma cranico, prevenzione e aiuto al ritorno alla vita’, che si terrà il prossimo 23 febbraio a Milano, con l’alto patrocinio della Presidenza della Repubblica. “Alla presenza dei Ministri Sirchia, Moratti e Lunardi - ha annunciato Pajardi – i primari dei principali ospedali italiani, i dirigenti dei servizi di Polizia Stradale e Municipale, i genitori di giovani traumatizzati e alcuni testimonial si confronteranno per fare il punto sulla realtà del trauma cranico in Italia e sui complessi problemi del post-coma e del reinserimento in famiglia e nella società.
Il convegno – ha proseguito Pajardi - vuole essere una vera e propria ‘Giornata del trauma cranico’, un punto di partenza per sottolineare l’importanza della collaborazione tra Amministrazione Pubblica, Associazioni e famiglie nell’affrontare questa reale emergenza. La volontà è che da questa campagna, oltre all’affermazione della cultura del casco, partano iniziative concrete quali il finanziamento di nuovi centri di riabilitazione (attualmente in Italia ce ne sono solo 23) e la realizzazione di programmi di sostegno per le famiglie dei traumatizzati, spesso abbandonate alla solitudine del loro dramma ”.

31/01/2002: Agente derubò vittima di un incidente
il Messaggero

10/01/2002, La città del volontariato: Casa Dago
Vivi il Centro , Fabrizio Di Francesco

02/01/2002: Post - Comatosi a Roma una struttura all'avanguardia
ABC


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