LA SALUTE VIEN ZAPPANDO
Stile e Dintorni Web Magazine
Probabilmente non avete mai sentito parlare dell’Ortoterapia, eppure sicuramente avrete già sperimentato i suoi benefici effetti, come dopo una camminata in un parco o in un giardino: non vi siete sentiti più rilassati?
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16/06/2009: Casa Dago, per tornare a vivere dopo il coma
Roma Salute News, Francesca Tomassini
La prima struttura in Italia che si occupa di reintegrazione familiare, sociale, scolastica e lavorativa
Vista da fuori è una deliziosa villetta, vista da dentro è una casa spaziosa curata nei minimi particolari, accogliente, calda e rassicurante. Fuori sul cancello d’ingresso c’è affisso un cartello con scritto il nome “Casa Dago”, ossia la prima struttura in Italia che si occupa di reintegrazione familiare, sociale, scolastica e lavorativa del paziente post-comatoso. Nata nel 1999, come progetto sperimentale condotto dall’ ARCO 92 Onlus, “Casa Dago” deve la sua esistenza al Presidente della Onlus Maria Elena Villa e il suo nome al diminutivo del figlio della Signora Villa, scomparso a soli 21 anni dopo tre mesi di coma circa 20 anni fa. La struttura è destinata a pazienti con deficit neuromotori e neuropsicologici dovuti al coma. La loro giornata a “Casa Dago” è divisa: la mattina seguono programmi riabilitativi in regime di day hospital ambulatoriale presso istituti specializzati; il pomeriggio, all’interno delle “mura domestiche”, vengono svolti corsi di attività riabilitative innovative come corsi d’informatica, il decupage, l’arteterapia e la pet therapy. All’esterno, alle spalle della villetta c’è anche un’area riservata all’attività di orto – flori – frutticoltura. Ogni paziente, all’interno della struttura, ha una propria stanza e un proprio bagno che divide con un familiare, per un totale di 16 posti letto. Maria Elena Villa spiega come tutto sia finalizzato “al reinserimento nella famiglia, nella scuola e nel lavoro dei nostri pazienti. Il progetto è quello di insegnare alla famiglia a gestire il soggetto post – comatoso nel momento in cui passa alla fase di day – hospital. Infatti la fase di riabilitazione non finisce in ospedale: tutti gli esiti che rimangono al paziente devono poi essere gestiti”. Un dato estremamente rilevante per capire l’entità del problema e le difficoltà che ne conseguono, è quello che riguarda la fascia d’età dei pazienti post – comatosi: la maggior parte va dai 14 ai 35 anni. Giovani e giovanissimi che nella maggior parte delle volte a causa di un incidente, si trovano a essere soli al mondo dopo il loro risveglio dal coma, troppo deboli per affrontare la lunga riabilitazione e le difficoltà oggettive. Lo staff di “Casa Dago” composto da psicologo, educatore, terapista cognitivo, assistente sociale e volontari specializzati garantisce il sostegno di cui i pazienti necessitano ma soprattutto la volontà di sperimentare insieme i metodi per recuperare la maggior autonomia possibile nella vita quotidiana. Ci sono infatti una serie di disturbi a livello neuro - psicologico che sono spesso ignorati come il disturbo dell’attenzione, dell’iniziativa, della memoria e della concentrazione che spesso portano i familiari a sostituirsi ai deficit del paziente. “Tutto questo va evitato –continua la Signora Villa – per far in modo che i ragazzi possano muoversi nel massimo dell’autonomia possibile”. Ma nel corso degli anni non è stato facile tenere in pedi il progetto “Fino ad oggi abbiamo chiuso e riaperto la struttura tre volte” racconta il Presidente Villa, ma nella storia di “Casa Dago” si inserisce l’assessorato alle politiche sociali della Regione Lazio e nell’ultimo trimestre 2008, anche l’azienda Asl Roma C. “Alla fine dello scorso anno abbiamo stretto i contatti con l’associazione Arco 92 - spiega a dottoressa Velia Bruno, dirigente della Asl Roma C, che si è occupata e si occupa tutt’ora del progetto in questione - per subentrare nel momento in cui grazie ad una legge regionale del dicembre 2008, è stata stanziata una somma di 400 mila euro a favore della nostra Asl a favore di questo progetto. Il 70% di questa somma è disponibile e ne abbiamo già attinto per riavviare la progettualità”. All’interno della struttura vengono accolti anche pazienti esterni e nuclei familiari non più inseriti in progetti di riabilitazione. “Casa Dago”, grazie alla forza del suo Presidente, alla collaborazione della Asl Roma C, alle iniziative dei collaboratori e dei volontari, è riuscita in questi anni a diventare il punto di riferimento, la luce in fondo al tunnel nel momento più buio della vita di tanti ragazzi e ragazze.
10/01/2009: "Casa Dago" per soggetti post-comatosi
Regione Lazio Sala Stampa
La Giunta regionale del Lazio presieduta da Piero Marrazzo ha approvato il progetto ‘Casa Dago’, la struttura per il reinserimento sociale e la reintegrazione familiare supervisionata del soggetto post-comatoso con l’obiettivo di migliorare la vita di chi è uscito dal coma.
Il progetto è stato presentato dall’Azienda USL Roma C. Il progetto ‘Casa Dago’ punta alla riqualificazione e al reinserimento scolastico-lavorativo dei soggetti post-comatosi, con il supporto dei corsi di informatica, disegno e pittura, decoupage e ortofrutticoltura. Presupposto fondamentale è l’ospitalità nella struttura, per i residenti nella provincia e non, essenziale per la prosecuzione del progetto riabilitativo extra-ospedaliero
Casa Dago, è stata creata da l’A.R.CO.92 una struttura nella quale vengono ospitate persone con handicap motori e psicologici, i quali assieme ai propri familiari affrontano la delicata fase del ritorno presso il proprio ambiente familiare e sociale. Ogni attività è svolta con la supervisione di psicologi, che aiutano i familiari a gestire ed aiutare il disabile nel recupero della maggior autonomia possibile, nell’ottica del reinserimento familiare, sociale, scolastico e/o lavorativo.
l’A.R.CO.92 è presieduta fin dalla sua costituzione da Maria Elena Villa, coadiuvata da specialisti del settore (rianimatori, neurologi, fisiatri, fisioterapisti, logopedisti, psicologi ed infermieri.) impegnati prevalentemente nei reparti di Rianimazione del Policlinico "A. Gemelli" e dell’I.R.C.C.S. "Santa Lucia" di Roma, con l’indispensabile aiuto di un gruppo di volontari.
16/06/2009: Casa Dago, per tornare a vivere
dopo il coma
Roma Salute News, Francesca Tomassini
La prima struttura in Italia che si occupa
di reintegrazione familiare, sociale, scolastica e
lavorativa
Vista da fuori è
una deliziosa villetta, vista da dentro è una
casa spaziosa curata nei minimi particolari, accogliente,
calda e rassicurante. Fuori sul cancello d’ingresso
c’è affisso un cartello con scritto il
nome “Casa Dago”, ossia la prima struttura
in Italia che si occupa di reintegrazione familiare,
sociale, scolastica e lavorativa del paziente post-comatoso.
Nata nel 1999, come progetto sperimentale condotto
dall’ ARCO 92 Onlus, “Casa Dago”
deve la sua esistenza al Presidente della Onlus Maria
Elena Villa e il suo nome al diminutivo del figlio
della Signora Villa, scomparso a soli 21 anni dopo
tre mesi di coma circa 20 anni fa. La struttura è
destinata a pazienti con deficit neuromotori e neuropsicologici
dovuti al coma. La loro giornata a “Casa Dago”
è divisa: la mattina seguono programmi riabilitativi
in regime di day hospital ambulatoriale presso istituti
specializzati; il pomeriggio, all’interno delle
“mura domestiche”, vengono svolti corsi
di attività riabilitative innovative come corsi
d’informatica, il decupage, l’arteterapia
e la pet therapy. All’esterno, alle spalle della
villetta c’è anche un’area riservata
all’attività di orto – flori –
frutticoltura. Ogni paziente, all’interno della
struttura, ha una propria stanza e un proprio bagno
che divide con un familiare, per un totale di 16 posti
letto. Maria Elena Villa spiega come tutto sia finalizzato
“al reinserimento nella famiglia, nella scuola
e nel lavoro dei nostri pazienti. Il progetto è
quello di insegnare alla famiglia a gestire il soggetto
post – comatoso nel momento in cui passa alla
fase di day – hospital. Infatti la fase di riabilitazione
non finisce in ospedale: tutti gli esiti che rimangono
al paziente devono poi essere gestiti”. Un dato
estremamente rilevante per capire l’entità
del problema e le difficoltà che ne conseguono,
è quello che riguarda la fascia d’età
dei pazienti post – comatosi: la maggior parte
va dai 14 ai 35 anni. Giovani e giovanissimi che nella
maggior parte delle volte a causa di un incidente,
si trovano a essere soli al mondo dopo il loro risveglio
dal coma, troppo deboli per affrontare la lunga riabilitazione
e le difficoltà oggettive. Lo staff di “Casa
Dago” composto da psicologo, educatore, terapista
cognitivo, assistente sociale e volontari specializzati
garantisce il sostegno di cui i pazienti necessitano
ma soprattutto la volontà di sperimentare insieme
i metodi per recuperare la maggior autonomia possibile
nella vita quotidiana. Ci sono infatti una serie di
disturbi a livello neuro - psicologico che sono spesso
ignorati come il disturbo dell’attenzione, dell’iniziativa,
della memoria e della concentrazione che spesso portano
i familiari a sostituirsi ai deficit del paziente.
“Tutto questo va evitato –continua la
Signora Villa – per far in modo che i ragazzi
possano muoversi nel massimo dell’autonomia
possibile”. Ma nel corso degli anni non è
stato facile tenere in pedi il progetto “Fino
ad oggi abbiamo chiuso e riaperto la struttura tre
volte” racconta il Presidente Villa, ma nella
storia di “Casa Dago” si inserisce l’assessorato
alle politiche sociali della Regione Lazio e nell’ultimo
trimestre 2008, anche l’azienda Asl Roma C.
“Alla fine dello scorso anno abbiamo stretto
i contatti con l’associazione Arco 92 - spiega
a dottoressa Velia Bruno, dirigente della Asl Roma
C, che si è occupata e si occupa tutt’ora
del progetto in questione - per subentrare nel momento
in cui grazie ad una legge regionale del dicembre
2008, è stata stanziata una somma di 400 mila
euro a favore della nostra Asl a favore di questo
progetto. Il 70% di questa somma è disponibile
e ne abbiamo già attinto per riavviare la progettualità”.
All’interno della struttura vengono accolti
anche pazienti esterni e nuclei familiari non più
inseriti in progetti di riabilitazione. “Casa
Dago”, grazie alla forza del suo Presidente,
alla collaborazione della Asl Roma C, alle iniziative
dei collaboratori e dei volontari, è riuscita
in questi anni a diventare il punto di riferimento,
la luce in fondo al tunnel nel momento più
buio della vita di tanti ragazzi e ragazze.
10/01/2009: "Casa Dago" per soggetti
post-comatosi
Regione Lazio Sala Stampa
La Giunta regionale del Lazio presieduta da Piero
Marrazzo ha approvato il progetto ‘Casa Dago’,
la struttura per il reinserimento sociale e la reintegrazione
familiare supervisionata del soggetto post-comatoso
con l’obiettivo di migliorare la vita di chi
è uscito dal coma.
Il progetto è stato
presentato dall’Azienda USL Roma C. Il progetto
‘Casa Dago’ punta alla riqualificazione
e al reinserimento scolastico-lavorativo dei soggetti
post-comatosi, con il supporto dei corsi di informatica,
disegno e pittura, decoupage e ortofrutticoltura.
Presupposto fondamentale è l’ospitalità
nella struttura, per i residenti nella provincia e
non, essenziale per la prosecuzione del progetto riabilitativo
extra-ospedaliero
Casa Dago, è stata
creata da l’A.R.CO.92 una struttura nella quale
vengono ospitate persone con handicap motori e psicologici,
i quali assieme ai propri familiari affrontano la
delicata fase del ritorno presso il proprio ambiente
familiare e sociale. Ogni attività è
svolta con la supervisione di psicologi, che aiutano
i familiari a gestire ed aiutare il disabile nel recupero
della maggior autonomia possibile, nell’ottica
del reinserimento familiare, sociale, scolastico e/o
lavorativo.
l’A.R.CO.92 è
presieduta fin dalla sua costituzione da Maria Elena
Villa, coadiuvata da specialisti del settore (rianimatori,
neurologi, fisiatri, fisioterapisti, logopedisti,
psicologi ed infermieri.) impegnati prevalentemente
nei reparti di Rianimazione del Policlinico "A.
Gemelli" e dell’I.R.C.C.S. "Santa
Lucia" di Roma, con l’indispensabile aiuto
di un gruppo di volontari.
15/12/2008: Battaglia: "Riaprire subito
il centro di assistenza e riabilitazione per post
comatosi "Casa Dago"".,
Interrogazione urgente del consigliere
PD alla Pisana
Un’interrogazione urgente al Presidente della
Giunta regionale, Piero Marrazzo, è stata presentata
dal consigliere PD, Augusto Battaglia, in merito all’improvvisa
chiusura della struttura di assistenza, riabilitazione
e reinserimento delle persone uscite dal coma, “Casa
Dago” in via della Fotografia a Roma, gestita
dalla Fondazione Santa Lucia in collaborazione con
l’associazione Arco 92. “Da sabato 13
dicembre – evidenzia Battaglia nell’interrogazione
– le porte del servizio sono sbarrate e gli
ospiti di “Casa Dago”, la prima struttura
in Italia dedicata al reinserimento familiare, sociale
e scolastico di giovani che hanno vissuto l’esperienza
di coma, sono stati formalmente dimessi. Otto famiglie
di disabili gravi si trovano ora senza alcuna assistenza
e private anche della speranza di un progetto di vita
costruito faticosamente attraverso un complesso percorso
di riabilitazione. L’improvvisa chiusura della
struttura, la cui attività risulta peraltro
finanziata fino al 31 dicembre 2008, sembra configurarsi
come una vera e propria interruzione di pubblico servizio.
Un’interruzione non giustificabile dai pur comprensibili
ritardi organizzativi derivanti dall’intenzione
manifestata dalla Fondazione Santa Lucia di interrompere
la collaborazione con Arco 92 e dalla conseguente
determinazione degli Assessorati competenti di trasferire
l’attività alla diretta gestione della
Asl RM C. Per tali motivi – ha concluso Battaglia
– ho chiesto al Presidente Marrazzo un intervento
urgente perché sia fatta chiarezza sui tempi
di deliberazione della Giunta e affinché “Casa
Dago” possa essere immediatamente riaperta,
restituendo serenità e speranza alle famiglie
che usufruivano del servizio”.
15/12/2008: ROMA: BATTAGLIA (PD), RIAPRIRE
SUBITO STRUTTURA 'CASA DAGO'
Adnkronos
Roma, 15 dic. - (Adnkronos) - "Riaprire subito
il centro di assistenza e riabilitazione per post
comatosi 'Casa Dago'. Da sabato 13 dicembre le porte
del servizio sono sbarrate e gli ospiti di 'Casa Dago',
la prima struttura in Italia dedicata al reinserimento
familiare, sociale e scolastico di giovani che hanno
vissuto l'esperienza di coma, sono stati formalmente
dimessi. E' quanto dichiara il consigliere del Pd,
Augusto Battaglia, in un'interrogazione urgente presentata
al Presidente della Giunta regionale, Piero Marrazzo,
in merito all'improvvisa chiusura della struttura
di assistenza, riabilitazione e reinserimento delle
persone uscite dal coma, 'Casa Dago' in via della
Fotografia a Roma, gestita dalla Fondazione Santa
Lucia in collaborazione con l'associazione Arco 92.
"Otto famiglie di disabili gravi - prosegue Battaglia
- si trovano ora senza alcuna assistenza e private
anche della speranza di un progetto di vita costruito
faticosamente attraverso un complesso percorso di
riabilitazione. L'improvvisa chiusura della struttura,
la cui attivita' risulta peraltro finanziata fino
al 31 dicembre 2008, sembra configurarsi come una
vera e propria interruzione di pubblico servizio.
Un'interruzione non giustificabile dai pur comprensibili
ritardi organizzativi derivanti dall'intenzione manifestata
dalla Fondazione Santa Lucia di interrompere la collaborazione
con Arco 92 e dalla conseguente determinazione degli
Assessorati competenti di trasferire l'attivita' alla
diretta gestione della Asl Rm C". "Per tali
motivi - ha concluso Battaglia - ho chiesto al presidente
Marrazzo un intervento urgente perche' sia fatta chiarezza
sui tempi di deliberazione della Giunta e affinche'
'Casa Dago' possa essere immediatamente riaperta,
restituendo serenita' e speranza alle famiglie che
usufruivano del servizio".
10/12/2008: Dal
coma al volontariato in casa famiglia Ora lavora nella
struttura sanitaria unica in Italia per il recupero
psico-fisico
il Tempo, LAURA CANDELORO
OLTRE il risveglio, la speranza e il coraggio di ricominciare
daccapo una vita più dura dopo la traumatica
esperienza del coma.
Per chi ha varcato il limite
ed è ritornato - 40mila all'anno gli invalidi
gravi per trauma cranico, giovani sopravvissuti a
incidenti stradali - la sfida è quella di ricominciare.
E per il difficile ritorno alla normalità l'unica
struttura in Italia per il recupero psico-fisico dei
post-comatosi che prepara al rientro in casa dopo
la dismissione ospedaliera è «Casa-Dago»
(www.arco92.it), sull'Ardeatina, sorta nel '99 per
opera dell'Associazione riabilitazione comatosi (A.R.Co.
92) e della Fondazione Santa Lucia. Roberto Placidi
è uno dei circa 30 volontari della casa famiglia
che a 17 anni entrò in coma profondo dopo una
caduta dalla moto. Dopo il risveglio e la riabilitazione,
la decisione di far tesoro della sua dolorosa esperienza
prodigandosi per gli altri ragazzi come lui. Il calvario
di Pasquale Petrone, 24enne, inizia 4 anni fa per
i gravi postumi traumatici di un banalissimo incidente
stradale. Dopo 3 anni di degenze in vari istituti,
fino a Bologna, ritrova la voglia di vivere avviandosi
verso la convalescenza solo a Casa Dago ove oggi,
grazie alle cure, all'armonia e al clima familiare
che vi respira, ha riconquistato l'autonomia e ripreso
la vita sociale. La struttura ospita ora in miniappartamenti
11 giovani pazienti ed un loro familiare per un periodo
massimo di 3 mesi, offrendo programmi riabilitativi,
corsi di informatica, fotografia, orto-floro-frutticoltura
e pet-therapy con cani labrador addestrati, di valido
aiuto per recuperare il senso di autostima e di responsabilità.
«Cerchiamo di aiutare e curare anche i genitori
eroici che spesso non sono in grado di sostenere i
loro figli, rappresentando la loro risorsa maggiore»,
afferma Elena Maria Villa, presidente dell'associazione.
Casa Dago rischia però di chiudere i battenti.
Entro l'estate sarà «sfrattata»
dall'attuale stabile, di proprietà dell'Istituto
San Michele, dopo la disdetta del contratto da parte
della Fondazione Santa Lucia per l'alto costo dell'affitto
di circa 20milioni di lire al mese. Dalla Provincia
di Roma giunge l'impegno a sperimentare progetti che,
in attesa di una legge, diventino un modello per tutelare
e sviluppare la struttura. «In questa casa gli
occhi parlano e lo sguardo esprime un desiderio -
sostiene il presidente Silvano Moffa - sulla frontiera
del rientro alla vita e dell'aiuto a vivere si mettono
in gioco le professionalità dei medici ma soprattutto
le esperienze di amore».
10/12/2008: Casa Dago
Dal 31/12/2008 la figura istituzionale di riferimento
che collaborerà con l'Associazione A.R.CO 92
non sarà più la Fondazione Santa Lucia
ma diventerà la ASL RMC.
La prosecuzione del progetto
è oggi resa possibile grazie allo stanziamento
dei fondi dell'Assessorato alle Politiche Sociali
della Regione Lazio, e all'intervento dell'Assessore
Anna Salome Coppotelli e dell'Onorevole Augusto Battaglia
dell'Assessorato alla Sanità della Regione
Lazio.
16/10/2008: I vegetativi? Persone da difendere,
altro che non vita
Avvenire, Francesca Lozito
«Se passa l’idea che ai pazienti nelle
condizioni della Englaro si può staccare il
sondino, allora le persone che assistiamo sono in
pericolo» L’angoscia delle associazioni
di famiglie con malati in stato vegetativo a meno
di un mese dal verdetto decisivo.
Un centro di transizione
per stati vegetativi. È questa la sfida di
Arco92, l’associazione romana per la riabilitazione
del comatoso che fa parte de «La Rete»,
un gruppo associazioni riunite per il trauma cranico
e le gravi cerebrolesioni acquisite. Un progetto pensato
per fare in modo che le famiglie possano essere in
grado di accudire il proprio caro che si trova in
questa condizione. Una possibilità che sembra
proprio in linea con quanto espresso dai vescovi nel
Messaggio per la Giornata per la vita 2009, quando
si afferma che è errato «rispondere a
stati permanenti di sofferenza, reali o asseriti,
reclamando forme più o meno esplicite di eutanasia».
Perché «la vita umana è un bene
inviolabile e indisponibile, e non può mai
essere legittimato e favorito l’abbandono delle
cure, come pure ovviamente l’accanimento terapeutico».
Maria Elena Villa è
presidente di Arco92. E ci spiega cosa teme dalla
sentenza Englaro dell’11 novembre in Cassazione.
Anzitutto ci spiega il vostro progetto? «Stiamo
lavorando in collaborazione con il San Raffaele di
Roma per realizzare una "casa" in cui i
familiari di una persona che si trova in stato vegetativo
possano essere preparati alla gestione pratica e psicologica
del paziente a casa. Crediamo infatti che portarli
a domicilio sia possibile».
Quali sarebbero gli effetti
del ritorno a casa?
«Molti e diversi: sappiamo che le strutture
dedicate a questo tipo di malati in Italia sono poche
e spesso fanno peregrinare il malato e i parenti per
la Penisola in cerca di chi possa accoglierli: questo
vuol dire stravolgimento di vite, ed enormi problemi
economici. Poi, naturalmente, vuol dire anche liberare
letti delle rianimazioni e delle residenze per anziani,
che per questo tipo di patologie sono ricoveri di
rimedio: importantissimi, però inappropriati».
Tenere a casa un malato
del genere però ha un costo alto.
«Per questo nel progetto, che si concretizzerà
a Roma, saranno coinvolte anche le Asl territoriali,
le quali, in collaborazione con il Centro di transizione,
devono fare un’azione di supporto a domicilio
sia con le competenze sia con gli strumenti adatti.
Siamo convinti che l’investimento in formazione
possa essere un grande aiuto alle famiglie dei cerebrolesi
e recare un risparmio a livello economico. È
la prima struttura del genere in Italia. Di questo
progetto e delle problematiche legate alle persone
in stato vegetativo parleremo in un congresso che
si terrà al San Raffaele di Velletri il 12
dicembre».
Di che cosa vi occupate
ancora come associazione?
«Dal 1999, assieme alla Fondazione Santa Lucia,
abbiamo a Roma "Casa Dago", una struttura
demedicalizzata per accogliere il paziente post-comatoso
e un suo congiunto nel momento della dimissione dall’ospedale
di riabilitazione e assisterlo concretamente nella
reintegrazione familiare, sociale e lavorativa».
Qual è la finalità
di Casa Dago?
«In questa struttura opera un’équipe
multidisciplinare con l’obiettivo di promuovere
le potenzialità e le capacità residue
di un paziente post-comatoso, affinché possa
essere comunque attivo, pur con un deficit neuromotorio
e neuropsicologico».
In questi mesi come avete
vissuto la vicenda di Eluana Englaro?
«Come si può facilmente immaginare, con
molta sofferenza. Perché noi abbiamo a che
fare ogni giorno con persone che si trovano in condizioni
simili o uguali. E nutriamo una grande paura».
Quale?
«Pur con tutto il rispetto per il dolore e l’angoscia
del padre, che, naturalmente, ben comprendiamo, ci
siamo chiesti in che modo le scelte del signor Englaro,
fatte sulla ribalta mediatica, possano ripercuotersi
in modo negativo sulla già dura vita dei familiari
dei nostri pazienti».
Perché?
«Se passa l’idea che lo stato vegetativo
è una "non-vita", anche alcune delle
persone che noi assistiamo possono sentirsi autorizzate
ad avanzare lo stesso tipo di richieste del padre
di Eluana. Ma siamo proprio sicuri che è solo
questa l’unica via possibile?».
Quale strada va percorsa
allora?
«Bisogna sensibilizzare l’opinione pubblica
e la società nel dire che i pazienti in stato
vegetativo sono persone a tutti gli effetti, nelle
quali il cervello ha smesso di funzionare ma che conservano
inalterate tutte le altre funzioni vitali. Se s’insinua
la convinzione che non sono nulla, anche tutto il
nostro lavoro, già così tanto difficile,
rischia di essere vanificato».
La sospensione di idratazione
e alimentazione per lei cosa rappresenta?
«Come si dà da mangiare a un bambino
che non può nutrirsi da solo, così bisogna
dare aiuto nell’alimentazione e idratazione
a chi si trova nella condizione di non poterlo fare
autonomamente. Se privati di queste due operazioni
fondamentali i pazienti in stato vegetativo morirebbero
tra atroci sofferenze, senza alcuna possibilità
di difesa».
Abbiamo detto prima che
è difficile trovare una struttura che accolga
un paziente del genere, tanto che voi pensate a una
formazione per tornare a casa propria...
«Certo, credo
che le suore di Lecco che accudiscono Eluana da così
tanti anni stiano facendo una grande opera di assistenza
che, mi creda, non è così scontato trovare
nel resto d’Italia. Tante famiglie hanno i propri
cari completamente a loro carico senza alcun aiuto.
Ed è quindi una fortuna che Eluana abbia trovato
un luogo in cui è assistita con tanto amore
e cura».
01/04/2008: Serata Charity promossa dalla
onlus Fondazione Attività Benefiche Parioli
il Messaggero, Maria Serena Patriarca
Campioni che hanno fatto la storia dello sport italiano,
supermanager, volti dello spettacolo e moltissimi
soci: in quasi trecento gli ospiti che hanno gremito
ieri sera il Tennis Club Parioli, in occasione della
serata charity promossa dalla onlus Fondazione Attività
Benefiche Parioli.
«Non vogliamo più che un ex campione
sportivo, com’è stato con il triste caso
del pugile Duilio Loi, debba morire in stato di malattia,
oblio generale e indigenza», dice il consigliere
dell’Associazione, Andrea Dello Siesto, mentre
consegna un doppler portatile a Elena Villa, presidente
della onlus ARCO 92 per la riabilitazione dei comatosi.
Il presidente del circolo pariolino, Emanuele Scarfiotti,
dà il benvenuto agli invitati, capitanati dal
socio Zibì Boniek. Tra i presenti? Il simpatico
Renzo Arbore, gli indimenticabili assi della racchetta
Nicola Pietrangeli e Lea Pericoli, il presidente di
Legacalcio Antonio Matarrese e il numero uno della
Federazione Tennis, Angelo Binaghi. Una riffa con
ricchi premi intrattiene i presenti, mentre un appetitoso
buffet a base di salumi, formaggi e prelibatezze mediterranee
fa capitolare anche le signore più attente
alla dieta. Dulcis in fundo, la travolgente musica
cubana di Eduardo Barreto e della sua band dà
un tocco cosmopolita alla serata, mentre fa il suo
ingresso una torta del diametro di un metro per il
brindisi.
05/10/2007: Casa Iride: a Roma la prima casa
dedicata all'accoglienza delle persone in stato vegetativo
persistente
Grazie ai progressi della medicina di emergenza, un
numero crescente di persone, a seguito di un trauma
o di una malattia, resta in vita e affronta una fase
di coma. In molti casi il coma viene superato e si
da avvio ad una fase di riabilitazione, mentre in
altri casi la situazione di coma diventa persistente
e la persona si viene a trovare in condizione di stato
vegetativo.
Casa “Iride” - la prima struttura di questo
genere realizzata da un Comune in Italia in collaborazione
con Assessorato Regionale alla Sanità e la
Asl B - nasce per accogliere queste persone nel caso
in cui non possano essere assistite a domicilio.
Un progetto sperimentale alla cui definizione ha lavorato
un gruppo tecnico integrato, sociale e sanitario,
con il contributo delle associazioni dei familiari.
La “Casa” potrà ospitare 7 pazienti
con i rispettivi familiari, ai quali sarà consentita
la presenza durante tutto l’arco delle 24 ore.
Per questo motivo, il progetto prevede ampie stanze
che potranno anche essere personalizzate dalle famiglie
ospiti, e luoghi comuni di incontro per i familiari.
Spazi comuni saranno inoltre dedicati alla fisioterapia.
In particolare 4 posti saranno stabili, nel caso in
cui i pazienti si trovino in condizioni socioeconomiche
che ne impediscano la domiciliazione presso la loro
residenza. 2 posti letto verranno destinati alla domiciliazione
temporanea per coloro che, al momento delle dimissioni,
non hanno ancora completato i lavori di adeguamento
della loro abitazione o l’installazione dei
presidi fissi necessari (per un periodo massimo di
tre mesi). 1 posto sarà di “Sollievo”,
un servizio che permette da un lato di accudire il
paziente in un ambiente protetto e allo stesso tempo
di offrire alle famiglie, occupate con continuità
nell’assistenza del loro familiare, un periodo
di “sollievo” (fino ad un massimo di 30
giorni) “Casa Iride” inoltre vuole essere
un punto di riferimento e di auto-aiuto non solo per
le famiglie dei pazienti ospiti nella residenza, ma
per promuovere una rete di servizi e di sostegno e
orientamento per tutti coloro che affrontano questo
problema e magari assistono a casa il proprio caro.
Per questo motivo, uno spazio sarà dedicato
all’incontro, alla promozione di momenti di
informazione, di formazione, di consulenza e auto
aiuto tra famiglie.
Uno sportello che verrà gestito anche grazie
all’Associazione “Risveglio” e che
risponderà contattando Chiamaroma 060606 (il
martedì e giovedì dalle ore 9,30 alle
ore 13,00, a partire da martedì 11 settembre).
La realizzazione del progetto architettonico, definito
secondo i criteri della bio architettura e della eco-compatibilità,
è stato realizzato anche grazie al contributo
del Consorzio GROS che ha sostenuto concretamente
i lavori di adeguamento e di ristrutturazione necessari.
Per quanto riguarda gli arredi delle stanze invece,
la Società Sapio Life s.r.l. ha donato i 7
letti adeguati alle specifiche esigenze delle persone
in questo stato (abbassamento rapido dello schienale,
movimento di sollevamento ed abbassamento rapido,
possibilità di spostamento su ruote, etc.).
L’équipe della Casa è composta
da personale sanitario messo a disposizione dalla
Asl Roma B. Tra le figure professionali previste,
assistenti sociali, operatori/operatrici di base per
l’assistenza alla persona, uno psicologo per
il sostegno alle famiglie, un medico neurologo, fisioterapisti
e infermieri professionali, ma anche volontari, appositamente
formati.
L’accesso alla Casa da parte dei pazienti sarà
definito sulla base di una analisi dei bisogni sanitari
e sociali, dando priorità alle persone che,
per diversi motivi, non possono essere assistite a
domicilio. Per accedere alla struttura il cittadino
può rivolgersi ai servizi sociali del Municipio
di appartenenza o agli sportelli CAD della propria
ASL. E’ prevista una commissione di ingresso
mista (socio-sanitaria).
Il progetto L’intervento è localizzato
all’interno di un un’area dove insistono
già altri edifici adibiti a strutture per servizi
sociali del Comune di Roma, in via di Torre Spaccata
al civico 155 e si presenta come un corpo di fabbrica
con la sua autonomia e con accesso separato dalla
strada interna.
In particolare si compone di 7 stanze per i degenti
ciascuna caratterizzata da un diverso colore. Le stanze
sono attrezzate con lavandino interno ed una poltrona-letto
per un familiare, delle docce speciali per le barelle,
ed un piccolo presidio con monitor di controllo collegati
alle stanze. Nel nuovo edificio, collegato al primo
attraverso un corridoio di passaggio vetrato, sono
le stanze per l’amministrazione, la medicheria
/ fisioterapia, gli spogliatoi del personale di servizio
e i servizi igienici per i familiari. Al piano terra
dello stesso edificio è attrezzato uno spazio
di soggiorno con piccola tisaneria annessa, per rendere
più confortevole la permanenza dei familiari,
talora lunga, nel Centro. L’ascensore - montalettighe
che conduce al primo piano, si apre direttamente nello
spazio esterno, facilitando l’ingresso anche
delle barelle dalla strada, con la possibilità
di accostarsi con le ambulanze, mentre l’ingresso
dei familiari potrà avvenire dal piano strada,
al piano leggermente ribassato della reception, attraverso
una scala.
Gli spazi interni sono confortevoli, luminosi per
creare un’atmosfera poco opprimente ed angosciante
per i familiari; mentre dal corridoio stesso delle
opportune finestre interne, anche oscurabili con veneziana,
consentono, in assenza del familiare, il controllo
costante di tutte le stanze da parte del personale.
Il totale della superficie coperta è di 360
mq tra l’edificio nuovo e quello recuperato
con la manutenzione straordinaria, oltre ad ulteriori
50 mq disposti al di sotto dell’edificio.
30/06/2006: Sono 3.000 in stato vegetativo.
E i letti solo 300
Corriere della Sera, di Margherita De
Bac
leggi
pdf
16/02/2006: La legge finanziaria, a favore
delle Onlus
La legge finanziaria (Legge 23 dicembre 2005 n. 266,
articolo 1, comma 337) ha previsto per l’anno
2006, a titolo sperimentale, la destinazione in base
alla scelta del contribuente di una quota pari al
5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone
fisiche a finalità di:
sostegno del volontariato, delle organizzazioni non
lucrative di utilità sociale, delle associazioni
di promozione sociale e di altre fondazioni e associazioni
riconosciute (art. 1, comma 337, lettera a) L. 266/05);
finanziamento della ricerca scientifica e delle università
(art. 1, comma 337, lettera b) L. 266/05);
finanziamento della ricerca sanitaria (art. 1, comma
337, lettera c) L. 266/05) attività sociali
svolte dal comune di residenza del contribuente (art.
1, comma 337, lettera d) L. 266/05).
A.R.CO.92 Onlus Associazione per la Riabilitazione
del Comatoso
CF 97084650585
Sede Legale: Via Alessandro Serpieri, 7 00197 Roma
2003: Al cuore si comanda, per beneficenza
Il Messaggero , Salvatore Taverna
leggi articolo
02/11/2003: Medici, come sempre a fianco della
gente,
Onda Tv Magazine, Fabrizio Renzetti
30/03/2003: Casa Dago aiuta chi torna a vivere,
Il Giornale D'Italia, Stefania Fasso
03/02/2003: Un sorriso e una carezza per tornare
a vivere
l'Osservatore Romano, Rita Dietrich
03/01/2003: Per fare Medici ci vuole cuore,
La Padania, Rosanna Scardi
20/12/2002: Curarsi con i cuccioli in opedale
Via al decreto per tenerli in corsia
Corriere della Sera, Margherita De Bac
10/12/2002: C'è chi riporta alla vita
i postcomatosi
Ansa
Ansa 17:32 12-10-02 VOLONTARIATO: C'E' CHI RIPORTA
ALLA VITA I POSTCOMATOSI/ UNA STRUTTURA NATA DALLA
FORZA DI UNA DONNA CHE HA PERSO FIGLIO
(ANSA) - AREZZO, 12 OTT - L'arcipelago del volontariato
sembra sconfinato ed in grado di rispondere a qualsiasi
appello di aiuto.
Dietro i volti che affollano in questi giorni il Palaffari
di Arezzo, dove e' in corso la quarta Conferenza nazionale
del settore, si nascondono tante storie diverse che
si sono tradotte in un aiuto per altri che, sempre,
copre una disfunzione, una insufficienza e, a volte,
la completa assenza di un servizio, pubblico o privato.
E' quest'ultimo il caso di "Casa Dago",
una struttura sociosanitaria, nata due anni fa a Roma
che, prima ed ancora unica in Italia, si occupa della
reintegrazione familiare, sociale e lavorativa di
coloro che sono usciti dal coma che, quasi sempre,
non vedono completamente risolti i loro problemi una
volta dimessi dall'ospedale. Le difficoltà
che presentano possono essere molteplici: da quelle
motorie a quelle più insidiose, perché
meno evidenti, di ordine psicologico e neurologico,
come la difficoltà di concentrazione e di attenzione,
l'indebolimento della memoria, l'apatia di fronte
" a qualsiasi tipo di stimolo, anche quello più
semplice e naturale come la fame.
Dietro 'Casa Dago" c'e' il volto di Maria Elena
Villa, una signora romana che nel '92 perse un figlio
di 21 anni, il cui soprannome era appunto Dago, morto
dopo un mese di coma per un incidente automobilistico.
La struttura voluta da Maria Elena Villa e' nata in
collaborazione con la Fondazione "Santa Lucia",
un istituto di ricerca e cura a carattere scientifico,
ed e' finanziata dalla Regione Lazio.
"Oggi, per i fondi disponibili - spiega la donna
- può assistere fino a dieci pazienti post
comatosi anche se ne potrebbe ospitare fino a trenta.
Nella Casa il paziente vive con un familiare che viene
scelto da una apposita unità valutativa".
"Qui, grazie ai volontari, tra cui molti medici
specialisti, il postcomatoso - aggiunge - reimpara
a vivere e viene continuamente stimolato attraverso
una serie di attività scelte in base alle inclinazioni
del soggetto, come corsi di computer, ortofloricoltura
terapeutica, lo studio delle lingue, o semplicemente
andando al cinema, visitando i musei o giocando a
calcio".
L' impegno della signora Villa non si ferma qui. Attraverso
la sua Fondazione, la Arco '92 di cui fanno parte
come soci fondatori rianimatori dell'ospedale Gemelli
di Roma e la Fondazione "Santa Lucia", ha
pubblicato una guida per i familiari del paziente
postcomatoso e sta inoltre attivando un progetto per
Il riaddestramento alla guida di chi e' uscito dal
coma. In collaborazione con l' Istituto superiore
di sanità e con la Fiat sta allestendo un percorso,
nel circuito di Settebagni, dove vengono simulate
le difficoltà che, improvvisamente, si possono
presentare durante la guida per misurare capacità
e tempi di reazione. Nell' immediato futuro intende
battersi affinché venga approvata una legge
che consenta ad un familiare di paziente postcomatoso
di assentarsi dal lavoro come quando si e' in attesa
di un figlio o si deve seguirlo nei primi mesi di
vita. "Del resto - osserva - una persona uscita
dal coma e' come un bambino al quale bisogna insegnare
ex novo molte cose". (ANSA).
10/12/2002: Conferenza sul Volontariato -
Storie
La Stampa, Andrea Cairola
Chi riporta in vita i postcomatosi
Dietro i volti che affollano in questi giorni il Palaffari
di Arezzo, dove è in corso la quarta Conferenza
nazionale del settore, si nascondono tante storie
diverse che si sono tradotte in un aiuto per altri
che, sempre, copre una disfunzione, una insufficienza
e, a volte, la completa assenza di un servizio, pubblico
o privato.
È quest' ultimo il caso di «Casa Dago»,
una struttura sociosanitaria, nata due anni fa a Roma
che, prima ed ancora unica in Italia, si occupa della
reintegrazione familiare, sociale e lavorativa di
coloro che sono usciti dal coma che, quasi sempre,
non vedono completamente risolti i loro problemi una
volta dimessi dall'ospedale.
Le difficoltà che presentano possono essere
molteplici: da quelle motorie a quelle più
insidiose, perchè meno evidenti, di ordine
psicologico e neurologico, come la difficoltà
di concentrazione e di attenzione, l' indebolimento
della memoria, l'apatia di fronte a qualsiasi tipo
di stimolo, anche quello più semplice e naturale
come la fame.
Dietro «Casa Dago» c'è il volto
di Maria Elena Villa, una signora romana che nel '92
perse un figlio di 21 anni, il cui soprannome era
appunto Dago, morto dopo un mese di coma per un incidente
automobilistico.
La struttura voluta da Maria Elena Villa è
nata in collaborazione con la Fondazione «Santa
Lucia», un istituto di ricerca e cura a carattere
scientifico, ed è finanziata dalla Regione
Lazio. «Oggi, per i fondi disponibili - spiega
la donna - può assistere fino a dieci pazienti
post comatosi anche se ne potrebbe ospitare fino a
trenta. Nella Casa il paziente vive con un familiare
che viene scelto da una apposita unità valutativa».
«Qui, grazie ai volontari, tra cui molti medici
specialisti, il postcomatoso - aggiunge - reimpara
a vivere e viene continuamente stimolato attraverso
una serie di attività scelte in base alle inclinazioni
del soggetto, come corsi di computer, ortofloricoltura
terapeutica, lo studio delle lingue, o semplicemente
andando al cinema, visitando i musei o giocando a
calcio».
L' impegno della signora Villa non si ferma qui. Attraverso
la sua Fondazione, la Arco '92 di cui fanno parte
come soci fondatori rianimatori dell' ospedale Gemelli
di Roma e la Fondazione Santa Lucia, ha pubblicato
una guida per i familiari del paziente postcomatoso
e sta inoltre attivando un progetto per il riaddestramento
alla guida di chi è uscito dal coma.
In collaborazione con l'Istituto superiore di sanità
e con la Fiat sta allestendo un percorso, nel circuito
di Settebagni, dove vengono simulate le difficoltà
che, improvvisamente, si possono presentare durante
la guida per misurare capacità e tempi di reazione.
Nell'immediato futuro intende battersi affinchè
venga approvata una legge che consenta ad un familiare
di paziente postcomatoso di assentarsi dal lavoro
come quando si è in attesa di un figlio o si
deve seguirlo nei primi mesi di vita. «Del resto
- osserva - una persona uscita dal coma è come
un bambino al quale bisogna insegnare ex novo molte
cose».
16/09/2002: Fuori dal coma grazie a un cane
www.superabile.it
Il comune di Roma ha finanziato
un progetto-pilota di riabilitazione psichica e motoria
di pazienti post-comatosi, grazie all'utilizzo di
un cane. Il progetto, che partirà in via sperimentale
domani, è stato organizzato dalle associazioni
'Ar.Co 92' e 'Anuccs'. Una quindicina i pazienti coinvolti,
tra i 18 e i 40 anni.
ROMA- 'Un cane per tornare a sorridere': è
il nome di un progetto sperimentale, finanziato dal
Comune di Roma ed organizzato in collaborazione con
le associazioni “A.R.co. 92” e “ANUCSS”,
che prevede l'utilizzo del cane negli interventi di
riabilitazione psichica e motoria delle persone in
condizione post -comatosa. Il progetto parte domani,
martedì 17 settembre, presso la struttura riabilitativa
'Casa Dago', gestita dall'associazione 'Ar.co 92'.
I pazienti coinvolti nella riabilitazione saranno
circa 15 e alcuni di loro provengono dall'Istituto
'Santa Lucia'. Durante i 4 mesi della sperimentazione,
gruppi formati da due o più operatori con i
loro cani, in sinergia con gli psicologi delle strutture,
definiranno un programma di riabilitazione, basato
sull'istintivo affiatamento che si stabilisce tra
l'uomo e il cane. I pazienti potranno accudire l'animale,
o fare con lui delle lunghe passeggiate o impegnarsi
in attività ludico-ricreative; insomma, stabilire
un rapporto personale e privilegiato con 'fido', seguendo
l'affinità istintiva e le esigenze specifiche
di riabilitazione. Diversa è l'età dei
pazienti, compresa tra i 18 e i 40 anni, nella maggior
parte dei casi vittime di incidenti ed eventi traumatici
che li hanno costretti a lunghi periodi di coma.
I cani scelti per questo tipo di sostegno appartengono
a razze notoriamente tranquille e socievoli. «Partendo
dal principio che qualsiasi razza va bene» precisa
Sabrina Gasparri, una delle responsabili del progetto
per l'associazione Anuccs «di solito noi lavoriamo
con i Labrador, i Border Collie e i Golden Retriver.
Si tratta di cani che rispondono con più immediatezza
a questo tipi di addestramento e che per il loro modo
di presentarsi e di entrare in contatto con l'uomo
sembrano i più adatti a questo tipo di lavoro.
E l'esperienza negli anni ci ha dato ragione».
La struttura “Casa Dago” che ospita il
progetto é stata inaugurata nel 1999 dall'organizzazione
“A.R.co 92” e dalla Fondazione Santa Lucia
ed é una struttura che accoglie il paziente
post-comatoso assieme ad un suo familiare nel momento
della dismissione ospedaliera. Ideatrice del progetto
è, invece, l'associazione “A.N.U.C.S.S.”,
Associazione Nazionale Utilizzo Cane per Scopi Sociali,
che programma attività e terapie assistite
con il cane attraverso interventi di riabilitazione
psichica e motoria.
Il progetto é interamente finanziato dal Dipartimento
Vº -Servizio Handicap- del Comune di Roma ed
é sostenuto da Ileana Argentin, Consigliere
Delegato per i problemi dell'Handicap. «Partendo
dalla consapevolezza che gli animali sono esseri esenti
da pregiudizi e rappresentano valido aiuto per il
reinserimento di una persona» dice il consigliere
«sono convinta degli ottimi risultati cui porterà
questo progetto per il quale mi sono battuta fin dalla
nascita».
04/08/2002: Grandi traumi, niente assistenza al Sud
Il Sole 24 ore - Norme e Tributi - pag. 17,
Paolo Del Bufalo
04/07/2002: Il Killer dei giovani
Corriere Salute - Diritto, Valeria Fieramonte
leggi
pdf
15/05/2002: Un concerto per Casa Dago
Giornale d'Italia
15/05/2002: Note di speranza per Casa Dago
Corriere della Sera
15/05/2002: Beneficenza
La Repubblica
10/03/2002: Quando la vita è sospesa
L'Espresso, Agnese Codignola e Daniela
Ovadia
23/02/2002: Quelli che hanno visto la morte
in faccia
Il Tempo, Laura Candeloro
20/02/2002: Emergenza trauma cranico: con
la prevenzione si risparmiano 1.800 vite
e 1 miliardo e mezzo di euro
Salute Europa, www.saluteeuropa.it
7.300 morti, 600.000 feriti
e 16.600 invalidi permanenti; non si tratta di un
bollettino di guerra ma dei dati relativi all’incidenza
del trauma cranico in Italia. Tecnicamente definito
come una lesione al cranio o al cervello dovuta ad
una forza fisica esterna, il trauma cranico rappresenta
oggi in Italia e nel mondo la prima causa di morte
per le persone al di sotto dei 45 anni e la prima
ragione di invalidità per i giovani sotto i
25 anni. Un killer più spietato e silenzioso
di droga e malattia, che suscitano in genere un allarme
sociale maggiore. I Lions Clubs italiani, da sempre
impegnati in iniziative di volontariato socio-umanitarie,
hanno deciso di non rimanere inerti davanti a questo
scenario sconcertante e da due anni hanno creato un
comitato con il compito di monitorare le caratteristiche
del fenomeno e definire possibili azioni per prevenirlo
o ridurne le conseguenze. Lo scorso anno la lotta
al trauma cranico è stata votata come impegno
prioritario dai 48.000 Lions Italiani, e da questo
mese prenderà il via una campagna di prevenzione
rivolta sia ai ragazzi che agli adulti, le cui iniziative
sono state presentate ieri a Milano.
Il dott. Sandro Feller, Primario di Neuroriabilitazione
dell’Ospedale Salvini di Garbagnate intervenuto
per presentare gli aspetti clinici del fenomeno, ha
dichiarato che “il trauma cranico è classificato
come epidemia tra i giovani di sesso maschile dai
14 ai 34 anni, non si tratta tuttavia di una malattia
vera e propria ma di un’emergenza sociale cresciuta
negli ultimi vent’anni insieme al fenomeno della
motorizzazione. In Italia nel 48% dei casi il trauma
cranico è causato da incidenti stradali. Proprio
questa causa, fortemente connessa a fattori sociali
e personali, può essere ridotta fino al 50%
grazie a campagne di prevenzione che sensibilizzino
automobilisti e motociclisti ad adottare tutti i possibili
dispositivi di sicurezza.”
Il 30 marzo 2000 è entrata in vigore la nuova
legge che ha reso obbligatorio l’uso del casco
a tutti coloro che viaggino su due ruote motorizzate,
minorenni e maggiorenni. L’obbligo del casco
ha permesso di salvare in un anno 180 persone e di
evitare 350 casi di invalidità grave, con una
riduzione complessiva di circa 8.000 ricoveri.
Oggi il casco è adottato da oltre il 95% dei
motociclisti al centro e al nord, mentre al sud lo
indossa solo il 60%”. Percentuali che hanno
un significato vitale se si considera che l’Istituto
Superiore di Sanità ha stimato che a ogni aumento
dell’1% dell’uso del casco corrispondono
2 morti, 4 invalidi e 100 ricoveri per trauma cranico
in meno all’anno. Notevole sarebbe anche la
riduzione dei costi socio sanitari, che attualmente
prevedono una spesa di 918.260,00 euro per ogni decesso
da trauma cranico e 209.683,00 euro per ogni invalido
permanente.
A queste riflessioni si ispira la prima fase della
campagna di sensibilizzazione, che ha come obiettivo
proprio l’incremento dell’uso del casco.
L’iniziativa, rivolta ai giovani tra i 14 e
i 19 anni, consiste nella presentazione alle scuole
medie e superiori di tutta Italia di una videocassetta
dall’alto impatto emotivo intitolata “La
vita non ha prezzo! Perché pagarla cara?”,
realizzata in 16.000 copie grazie al contributo di
Sony Italia.
Attraverso immagini semplici e un linguaggio diretto,
il video mira a confutare le principali motivazioni
di rifiuto del casco da parte dei ragazzi, legate
in gran parte al giudizio degli amici. Oltre alle
drammatiche conseguenze fisiche e psichiche del trauma
cranico, il video insiste sull’emarginazione
sociale che deriva dalla menomazione fisica. “Quando
stai male davvero, nessuno ti rimane vicino”
è la drastica conclusione.
Gianmarco Pozzecco, playmaker della Metis Varese,
spiegando i motivi che lo hanno spinto a fare da testimonial
all’iniziativa ha dichiarato: “il basket
non è solo la mia grande passione, è
anche la mia professione, la salute ha quindi per
me un’importanza fondamentale. Questa consapevolezza
mi porta a dare molta importanza a quei piccoli accorgimenti,
come l’uso del casco, che mi permettono di evitare
incidenti che potrebbero compromettere per sempre
la mia carriera e la mia stessa vita.
Devo ammettere che, come tutti i motociclisti, ho
avuto a volte la tentazione di non mettermi il casco
per assaporare a pieno la velocità, ma se penso
alle conseguenze che potrebbe avere questo capriccio
sulla mia vita, sulla mia professione e sulle persone
che mi stanno vicino, mi verrebbe voglia di indossare
un casco anche nel corso di una partita, dove le cadute
non mancano.” Pozzecco ha concluso il suo intervento
con un messaggio rivolto direttamente ai ragazzi:
“mettetevelo in testa! Col casco si vince la
partita con la vita”.
Giuseppe Pajardi, Presidente dei Lions Clubs Italiani,
ha illustrato l’altra iniziativa rivolta al
pubblico: un convegno nazionale dal titolo ‘Trauma
cranico, prevenzione e aiuto al ritorno alla vita’,
che si terrà il prossimo 23 febbraio a Milano,
con l’alto patrocinio della Presidenza della
Repubblica. “Alla presenza dei Ministri Sirchia,
Moratti e Lunardi - ha annunciato Pajardi –
i primari dei principali ospedali italiani, i dirigenti
dei servizi di Polizia Stradale e Municipale, i genitori
di giovani traumatizzati e alcuni testimonial si confronteranno
per fare il punto sulla realtà del trauma cranico
in Italia e sui complessi problemi del post-coma e
del reinserimento in famiglia e nella società.
Il convegno – ha proseguito Pajardi - vuole
essere una vera e propria ‘Giornata del trauma
cranico’, un punto di partenza per sottolineare
l’importanza della collaborazione tra Amministrazione
Pubblica, Associazioni e famiglie nell’affrontare
questa reale emergenza. La volontà è
che da questa campagna, oltre all’affermazione
della cultura del casco, partano iniziative concrete
quali il finanziamento di nuovi centri di riabilitazione
(attualmente in Italia ce ne sono solo 23) e la realizzazione
di programmi di sostegno per le famiglie dei traumatizzati,
spesso abbandonate alla solitudine del loro dramma
”.
31/01/2002: Agente derubò vittima di
un incidente
il Messaggero
10/01/2002, La città del volontariato:
Casa Dago
Vivi il Centro , Fabrizio Di Francesco
02/01/2002: Post - Comatosi a Roma una struttura
all'avanguardia
ABC
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