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1. Cosa è il trauma cranico?

Il trauma cranico è un grave colpo diretto al cranio e può essere: "aperto" se determina fratture del cranio o "chiuso" se determina soltanto lesioni all'interno del cranio e quindi al cervello.

2. Cosa è il coma?
La World Federation of Neurosurgical Societies l'ha così definito: "Uno stato di perdita di coscienza e vigilanza, indipendentemente dalla durata (anche minuti od ore), in cui il paziente giace immobile con gli occhi continuamente chiusi."

3. Soltanto il trauma cranico può condurre ad uno stato di coma?
No, il l coma può instaurarsi anche a seguito di altre cause, quali una improvvisa riduzione di apporto di ossigeno al cervello (ipossia) a sua volta causata da diversi eventi (arresto cardiaco, arresto respiratorio, intossicazione acuta, ictus cerebrale grave).

4. Cosa succede in Rianimazione?
A causa della compromissione delle funzioni vitali, il paziente in coma deve essere assistito nella respirazione con un tubo - che può essere inserito nel naso o nella bocca e talvolta deve essere collegato ad un respiratore automatico - che dall'esterno lo aiuti a respirare, quando la sua respirazione spontanea non è sufficiente. Il paziente comatoso è controllato, mediante monitor vicino al letto nelle sue funzioni respiratoria e cardio-circolatoria, viene alimentato prima per flebo ed in seguito attraverso un sondino, che dal naso porta tutti gli alimenti necessari al paziente fino allo stomaco (sondino naso-gastrico) ed infine viene aiutato ad espletare i bisogni fisiologici, mediante un catetere nella vescica per l'urina e mediante farmaci che regolano l'intestino. Per l'incapacità di controllare le urine e le feci, il paziente in coma deve portare il pannolone, fino a quando non sarà nuovamente in grado di controllare queste funzioni.

5. In quale modo si può essere utili al paziente durante la Rianimazione?
Durante la fase acuta il paziente ha soprattutto bisogno delle cure del rianimatore e dell'assistenza continua di tutte le funzioni vitali. E' importante affidarsi alle cure della Rianimazione, Terapia Intensiva o Neurochirurgia dove il paziente è ricoverato.

Nelle prime settimane non ha senso chiedere consulenze esterne per avere più pareri, ma è invece importante lasciare lavorare con tranquillità i medici che hanno in cura il vostro caro. Allo stesso modo non serve tempestare di stimoli il paziente, ad esempio mediante cuffie con voci e/o suoni continui; ciò potrebbe impedirgli di riposare anche quando egli lo desidera. Tali stimoli possono essere utili, con parsimonia, quando il paziente mostra già qualche interazione con l'ambiente esterno. E' opportuno che, a tratti, avverta la vostra presenza (se è in grado di percepirla), come nei momenti di visita o durante i colloqui attraverso il microfono; senza però mai caricare il paziente delle proprie ansie, quali pianti o grida (infatti, non è possibile sapere esattamente di quali percezioni egli è capace).

6. Cosa può succedere quando il paziente si risveglia?
Il coma può persistere nel tempo, ma in genere dopo circa 2 o 3 settimane il paziente tende a riaprire gli occhi. All'inizio riuscirà a tenere gli occhi aperti per un tempo breve e poi tenderà a richiuderli. Se in questo periodo il paziente riguadagna progressivamente il contatto con l'ambiente (fissando o seguendo con lo sguardo le persone che gli si avvicinano o persino girando il capo verso le voci che sono rivolte a lui, oppure rispondendo a qualche comando semplice, come chiudere gli occhi, aprire e/o chiudere la mano, muovere un braccio etc.), allora si può affermare che il paziente non è più in coma e, soprattutto, non è più incosciente. Se invece il paziente ha gli occhi aperti, ma non reagisce a nessuno degli stimoli elencati e neanche a pizzicotti forti (allontanando la gamba o il braccio) è probabile che si stia avviando verso una "sindrome apallica". Anche la sindrome apallica - seppure indicativa di notevole gravità del danno cerebrale - non è una condizione di necessaria irreversibilità. Può, infatti, durare uno o diversi mesi e in questo periodo il paziente può mostrare i primi segni del recupero progressivo del contatto con l'ambiente esterno già descritti.

Nel caso invece il paziente non sembri mostrare alcun un recupero di tale contatto ciò significa che la sindrome apallica persiste nel tempo e più questa perdura e minori diventano le possibilità di recupero.

7. Alla dimissione dal Centro di Rianimazione quale è la strada migliore da seguire?
Quando le condizioni del paziente sono stabilizzate, è opportuno che egli lasci la Rianimazione o la Neurochirurgia al più presto. Se i tempi di attesa dei vari centri di riabilitazione contattati sono lunghi, non bisogna scartare la possibilità di un breve periodo di rientro a casa, se le condizioni del paziente lo consentono e se i medici e gli infermieri sono disponibili ad assistervi domiciliarmente; ciò piuttosto che accettare un reparto di appoggio a seguito delle inevitabili necessità di dimissione dalla Rianimazione. Questo permetterebbe al paziente un contatto prezioso con un ambiente per lui familiare e rassicurante, aiutandolo nella sua ripresa. Nel frattempo, prima del ricovero nel Centro di Riabilitazione, il paziente potrebbe iniziare la fisioterapia (mobilizzazione passiva e attiva - dove possibile - degli arti). Informatevi presso la vostra ASL sulla possibilità di ricevere infermieri, ottenere un letto ortopedico, un materasso anti-decubito etc. (che torneranno utili anche alla dimissione dal Centro di Riabilitazione).

8. Tutti i suoi amici e parenti vorrebbero venire a trovarlo. Come ci si deve comportare?
E' importante ricordare che la presenza di molte persone contemporaneamente nella stanza potrebbe non essere affatto uno stimolo positivo, anzi, ciò potrebbe contribuire a far estraniare il paziente, ad aumentare la sua confusione ed il suo disorientamento spaziale e temporale. Quando possibile, è importante chiedere al paziente stesso se desidera vedere qualcuno e chi.

9. Il paziente si comporta in modo aggressivo e/o volgare, anche in presenza di altre persone: cosa si deve fare?
Non bisogna lasciarsi intimorire da comportamenti agitati, con tendenza al turpiloquio o ad essere manesco. Bisogna, invece, mostrarsi fermi e decisi a lasciarlo da solo nel caso continui questi atteggiamenti sconvenienti. In alcuni casi il paziente tenderà ad avere atteggiamenti di ipersessualità o di disinibizione (masturbazione, proposte oscene, tendenza a dare baci a tutti o a toccare le persone dell'altro sesso). Non bisogna spaventarsi perché questi sono atteggiamenti in genere transitori e dovuti a lesioni in particolari aree del cervello (lobo frontale e temporale). Non assecondate questi comportamenti: ricordate al paziente che prima non si sarebbe mai comportato in questo modo. Se il paziente tiene a qualcosa in particolare (cibi, visite di alcune persone, programmi televisivi, etc.) è utile minacciare e, soprattutto, mantenere la promessa di privarlo di ciò che desidera nel caso continuasse nel suo comportamento. Non bisogna sentirsi troppo duri o severi, ma tenere sempre a mente che si sta contribuendo in maniera determinante al Programma Riabilitativo.

10. Come si può aiutare il paziente a recuperare negli intervalli tra le terapie?
I familiari possono essere di estremo aiuto nella Riabilitazione già durante le prime fasi. Ad esempio quando il paziente sta recuperando il rapporto con l'ambiente esterno spesso presenta un grave disorientamento spazio-temporale (non sa dove si trova, in quale anno e stagione è, ecc). Molto utile può essere, in questo caso, stimolarlo quotidianamente con l'uso di un calendario, di un orologio o di un'agenda, al fine di fargli riacquisire, progressivamente, il senso del tempo. Per i disturbi della memoria spaziale è utile richiedere al paziente di cercare di ricordare i percorsi abituali in clinica, chiedendogli di ritrovare da solo la sua stanza o la palestra o altri luoghi di terapia.

Associati a questi potranno presentarsi disturbi della memoria recente: il paziente tenderà a dimenticare quello che è successo qualche giorno od ora prima, oppure tenderà a non memorizzare quanto gli succede giorno per giorno. Si può facilmente aiutarlo ricordandogli, ad esempio, le visite ricevute o suggerendogli alcuni particolari o caratteristiche della persona incontrata. Può succedere che il paziente reagisca a questi disturbi inventano alcune vicende mai accadute nella realtà, con lo scopo di colmare le lacune della sua memoria (confabulazioni). Smentitele serenamente, senza preoccuparvene: questo è un atteggiamento di compenso molto frequente, ma non assecondatele.
Se il paziente tende a comunicare a gesti senza parlare - pur mostrando di capire quanto dite -(mutismo prolungato incoraggiatelo a trovare un canale di comunicazione, precisandogli che può parlare e che se vuole chiedervi qualcosa può muovere le labbra, tirare fuori la voce o tentare di scrivere. Non bisogna temere di essere troppo duri nelle sollecitazioni; sarebbe invece dannoso assecondarlo in questa tendenza.
Allo stesso modo, se il paziente ha assenza di iniziativa motoria spontanea e muove le braccia e le gambe soltanto su richiesta (inerzia), è necessario stimolare le sue possibilità motorie avvicinando alla sua portata oggetti che possano interessarlo e che egli sia in grado di prendere ed usare da solo (il pettine per pettinarsi, qualcosa da mangiare etc. etc.).

Più avanti nella Riabilitazione, il paziente dovrà essere incoraggiato alla maggiore autonomia possibile in tutte le attività: lavarsi, vestirsi, spostarsi etc.
In definitiva, i familiari possono essere un valido aiuto terapeutico, ma senza mai dimenticare che la giornata del paziente non può e non deve trasformarsi in una seduta di terapia, assillandolo senza tregua per eseguire i vari esercizi. Bisogna invece stabilire insieme alcune ore di riposo nelle quali il paziente si libero di fare quel che desidera, anche se si tratta semplicemente di stare sdraiato a letto.

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